La guerra di Israele a Gaza – Quando si spezza lo storico legame dell’Europa con lo Stato ebraico

L’atteggiamento europeo nei confronti di Israele sta cambiando. Da quando è scoppiata la guerra a Gaza, l’Europa ha tentato di tenere i piedi in due staffe: alla ricerca acrobatica di un equilibrio tra l’appoggio agli israeliani e il sostegno ai palestinesi.

Questa settimana tre segnali indicano una crescente presa di distanza rispetto a Israele, dinanzi al dramma umanitario a Gaza. A 80 anni dall’Olocausto, la svolta è storica.

Undici nuovi ambasciatori presso l’Unione europea hanno presentato martedì le proprie lettere credenziali al presidente del Consiglio europeo António Costa. Provenivano dai seguenti paesi: Andorra, Sao Tomé-et-Principe, Egitto, Guyana, Etiopia, Cuba, Lesotho, Australia, Papua Nuova Guinea, Panama e Colombia.

L’ambasciatore Amal Jadou Shakaa, mentre si appresta a presentare la propria lettera di missione al presidente del Consiglio europeo António Costa, martedì 20 maggio a Bruxelles Fonte: Consiglio europeo

Sono stati per la prima volta accompagnati dalla rappresentante diplomatica palestinese, la signora Amal Jadou Shakaa. In precedenza, l’ambasciatore palestinese si era sempre limitato a presentare la propria lettera di missione al capo del protocollo del Servizio europeo di azione esterna.

D’altro canto, lo Stato palestinese è finora stato riconosciuto da soli 11 paesi membri. Su richiesta del presidente Costa è stato deciso che questa volta la signora Shakaa, 52 anni, avrebbe presentato la propria lettera di missione direttamente al presidente del Consiglio europeo.

Nelle stesse ore o quasi, una maggioranza di paesi europei ha stabilito di aprire una procedura per valutare se Israele rispetta ancora le premesse dell’accordo di associazione firmato dall’Unione europea nel 2000. L’articolo 2 dell’intesa prevede che le parti rispettino i diritti umani. In ballo c’è la sospensione dell’accordo.

La decisione ha sorpreso non pochi diplomatici. A favore sono stati 17 paesi (Olanda, Francia, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Irlanda, Slovenia, Belgio, Lussemburgo, Estonia, Slovacchia, Austria, Spagna, Finlandia, Danimarca e Svezia). Contrari nove paesi (Ungheria, Germania, Italia, Croazia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Repubblica Ceca e Lituania). Astenuta solo la Lettonia.

Manifestazione pro-Gaza a L’Aja, domenica 18 maggio. Fonte: Getty

La votazione ha messo in luce alcune straordinarie novità. Prima di tutto l’Austria che per decenni aveva tenuto, insieme alla Germania, una posizione tradizionalmente pro-israeliana, fosse solo per l’eredità della Seconda guerra mondiale. Lo stesso vale per la Polonia. A 80 anni dall’Olocausto, il sentimento di colpa che ha sempre segnato il rapporto con Israele si sta affievolendo.

L’ultimo segnale della serie è giunto oggi quando al Parlamento europeo si è tenuto un dibattito sulla situazione umanitaria a Gaza, per via dei ripetuti e sanguinari attacchi israeliani.

A tratti la discussione è stata veemente. I deputati sono molto divisi. La sinistra radicale, i verdi e i socialisti chiedono a gran voce la sospensione dell’accordo di associazione e la condanna di Israele; i partiti nazionalisti difendono il diritto di Gerusalemme a difendersi; popolari e liberali oscillano imbarazzati tra le due posizioni.

I gruppi politici hanno tentato di presentare una risoluzione comune di condanna di Israele, ma senza successo. L’unico gruppo che appare coeso è quello della sinistra radicale. Negli altri non mancano le divisioni.

Alcuni osservatori non escludono che da qui a metà giugno, quando si svolgerà a New York una conferenza delle Nazioni Unite tutta dedicata alla crisi in Medio Oriente e alla soluzione dei due stati, ci possa essere una maggioranza di parlamentari europei a favore di una qualche forma di risoluzione di condanna.

Intanto, al netto della tragica situazione umanitaria a Gaza e della drammatica deriva del governo Netanyahu, almeno due fattori stanno giocando nel cambiamento di atteggiamento in Europa.

Prima di tutto, in molti paesi membri la forte presenza musulmana – in media tra il 10% il 5% della popolazione totale – preoccupa i dirigenti locali. Temono, per via della guerra a Gaza, l’emergere di tensioni nella società nazionale.

Domenica scorsa a L’Aja 100mila persone hanno manifestato contro Israele e in difesa di Gaza. Manifestazioni simili si sono svolte negli ultimi giorni anche a Londra, a Stoccolma, a Berlino, ad Atene.

In secondo luogo si moltiplicano sulla stampa europea le lettere aperte contro Israele da parte di organismi ebraici locali, che significativamente prendono le distanze dallo Stato ebraico, offrendo all’establishment europeo una sponda inattesa.