Mostra a Berlino – Quando nel 1945 la Germania corse il rischio della bomba atomica

La storia con i se è un divertente gioco che gli storici tentano di solito per iscritto. In questi mesi, Berlino mette in scena la if-History, come dicono gli anglosassoni, non in un volume, ma in una mostra. L’esposizione, intitolata Oder: Es hätte auch anders kommen können (Oppure: poteva andare diversamente), è ospitata dal Deutsches Historisches Museum, sulla Unter den Linden.

L’esercizio parte a ritroso, ossia dagli avvenimenti più recenti. E se il Muro di Berlino non fosse caduto nel 1989? E se il Blocco di Berlino non fosse stato aggirato dagli alleati nel 1948? E se l’esercito avesse preso il potere nel 1933, anziché lasciare campo libero a Hitler? E se i socialdemocratici tedeschi avessero potuto impedire la guerra nel 1914? E ancora: se la rivoluzione liberale del 1848 avesse avuto successo?

Le cesure nella storia tedesca non mancano, e la scelta degli avvenimenti può apparire pretestuosa. Vi è tuttavia un evento che la Germania ha rischiato davvero di vivere e che avrebbe potuto veramente cambiare le sorti del paese: un attacco nucleare, non durante la Guerra Fredda, ma negli ultimissimi giorni della Seconda guerra mondiale.

Gli americani avevano deciso di lanciare una bomba atomica sulla Germania, in assenza di una svolta nei combattimenti. Scrisse il generale Leslie R. Groves nelle sue memorie pubblicate nel 1962 (Now It Can Be Told: The Story of the Manhattan Project): “Il presidente Roosevelt mi disse che se la guerra in Europa non fosse terminata rapidamente dovevamo prepararci a colpire la Germania, una volta pronte le nostre prime bombe atomiche”.

Era l’inizio del febbraio del 1945. Ai tempi il progetto Manhattan nel Nuovo Messico era a buon punto, tanto che la Hiroshima tedesca era già stata individuata: non Berlino, ma Ludwigshafen in Renania dove tutt’ora hanno sede le più grandi aziende chimiche del paese (allora in particolare il conglomerato IG Farben vi produceva azoto per la costruzione di ordigni).

Sul campo l’esercito americano aveva difficoltà ad avanzare. La Francia era stata liberata e le truppe sbarcate in Normandia erano ormai nelle Ardenne, una catena montuosa a cavallo della Francia, del Belgio e della Germania dove la Wehrmacht era riuscita a riprendere provvisoriamente la mano. Alla fine dell’inverno, i soldati americani erano pronti a superare il Reno. Rimaneva agibile un solo passaggio, il ponte Ludendorff, a Remagen, una cittadina di origine romana a Sud di Bonn (in latino, Rigomagus).

Nei primi giorni di marzo, mentre era iniziata la ritirata tedesca, la Wehrmacht decise di distruggere il ponte in ferro inaugurato nel 1918, pur di bloccare l’avanzata americana. Ma il tentativo fallì. Ci fu confusione nella catena di comando tedesca, e soprattutto sul posto giunsero appena 300 chili di esplosivo, rispetto ai 600 chili richiesti per distruggere l’infrastruttura.

Gli americani riuscirono a prendere possesso del ponte e in dieci giorni fecero passare sull’altra sponda del fiume 25mila soldati, che da lì a poco avrebbero organizzato passerelle galleggianti in altri punti del Reno per continuare l’avanzata verso Berlino. Gravemente danneggiato, il ponte di Remagen crollò il 17 marzo del 1945, ma a quel punto il destino della Germania era sancito, e non ci fu più ragione di lanciare sul paese la temibile arma atomica che invece sarebbe esplosa meno di cinque mesi dopo in Giappone.

Se la Wehrmacht fosse riuscita a distruggere il ponte di Remagen nei primi giorni di marzo del 1945 e avesse quindi bloccato le truppe americane sulla sponda occidentale del Reno, Washington avrebbe probabilmente deciso di lanciare una bomba atomica sulla Germania, pur di sbloccare la fine del conflitto.

Il rischio di un attacco nucleare fu talmente serio che nel 1969 fu inaugurato a Ludwigshafen un parco dedicato alla pace. Ancora oggi il grande giardino ospita un monumento con una frase dell’allora presidente Gustav Heinemann (1899-1976): “Non è la guerra l’emergenza nella quale dare prova di sé – come spesso sentiamo dire – ma è la pace l’emergenza in cui dobbiamo dare prova di noi stessi, perché oltre la pace non c’è più vita”.

(La mostra intitolata Oder: Es hätte auch anders kommen können è aperta fino al 24 novembre del 2024 – Deutsches Historisches Museum – Unter den Linden 2, Berlino – Nella foto tratta, dal sito del National WWII Museum di New Orleans, il ponte Ludendorff, di Remagen)