Il dilemma della Germania – Tra fondi europei e modello in crisi

La recente sentenza della Corte costituzionale tedesca, che ritiene i fondi extra-bilancio del governo federale in violazione della regola di freno al debito, sta mettendo a soqquadro gli equilibri politici nel paese e provocando nuove incertezze in campo europeo. In ultima analisi la Germania deve decidere se rivedere radicalmente le sue priorità economiche o affidarsi più di prima al denaro comunitario. Mi spiego meglio.

Il governo tedesco è oggi alle prese con un buco di bilancio di svariati miliardi di euro (il totale esatto dipende da quanti fondi la Corte costituzionale riterrà illegali, per ora la decisione riguarda uno strumento da 60 miliardi). Tra le altre cose, il denaro doveva servire a finanziare la transizione ambientale, la riforma del modello economico in crisi, l’ammodernamento delle forze armate.

In questo momento la sentenza della magistratura tedesca sta creando incredibili tensioni tra i partiti della maggioranza. I verdi insistono perché la regola del freno al debito, la quale limita l’indebitamento allo 0,35% del PIL, venga abolita o rivista radicalmente per consentire al paese di continuare a perseguire le priorità che si è dato.

I liberali, che controllano il ministero delle Finanze, sono di avviso contrario. Anzi, sulla scia della decisione di Karslruhe, vorrebbero riprendere la mano e mantenere i conti pubblici in ordine, tanto più che si discute di una riforma del Patto di Stabilità, e che la Germania chiede maggiore rigore ai suoi partner.

Nel frattempo, è stata decisa la sospensione temporanea della regola, in attesa di capire come comportarsi. Il tempo stringe tuttavia: il Bundestag chiuderà per le vacanze natalizie a metà dicembre. In mancanza di un nuovo bilancio per il 2024 dal 1° gennaio entreranno in vigore tagli automatici alla spesa.

La situazione è pessima. In teoria, una soluzione ci sarebbe. A Bruxelles si discute di una revisione del bilancio comunitario 2021-2027. La Commissione europea ha proposto un aumento dei fondi a disposizione per finanziare il sostegno all’Ucraina, la ripresa economica, il controllo delle frontiere.

Finora Berlino si è opposta, insieme ad altri paesi, sostenendo che denaro è ancora disponibile tra le pieghe del bilancio e che non può permettersi di annunciare alla sua pubblica opinione un aumento dei contributi nazionali (secondo i calcoli della Farnesina, l’Italia stessa sarebbe chiamata ad aumentare il suo contributo nazionale di 2,0 miliardi di euro all’anno sulla base della proposta della Commissione).

In evidenti e imbarazzanti difficoltà finanziarie, la Germania è dinanzi a un dilemma. Può decidere di continuare a perseguire la linea del rigore, anzi chiedendo maggiore rigore. Oppure può decidere di approfittare del volano comunitario, non contribuendo denaro fresco, ma dando alla Commissione europea mandato per raccogliere fondi sui mercati finanziari.

Non sarebbe la prima volta. Così è avvenuto con il NextGenerationEU nel 2020 e così ha proposto nei fatti lo stesso esecutivo comunitario nella sua proposta di revisione del bilancio 2021-2027.

È pronta la Germania a una giravolta radicale? A tutta prima, sembra difficile. La paura di una deriva dei conti pubblici e il timore di indebitarsi in comune sono entrambi sentimenti radicati, tanto più in un momento di incertezza economica e politica (il partito di estrema destra Alternative für Deutschland oscilla sopra al 20% nei sondaggi).

Negli anni 90, al momento dell’unificazione tedesca, Bruxelles offrì al governo federale l’aiuto finanziario europeo. Allora, l’orgoglioso (e forse anche nazionalista) establishment politico, alla guida del paese era Helmut Kohl, rifiutò l’offerta, preferendo fare da sé.

La Germania farà la stessa scelta, nonostante le gigantesche spese che è chiamata ad affrontare? I più lucidi tra i membri dell’establishment tedesco forse si ricorderanno che la scelta di finanziare da sé l’unificazione si tradusse nei primi anni 2000 in una violazione delle regole di bilancio volute dalla stessa Repubblica Federale.

(Nella foto EPA-EFE/Hannibal Hanschke, la premier italiana Giorgia Meloni e il cancelliere tedesco Olaf Scholz a Berlino il 22 novembre scorso)