Scioperi in Belgio e Francia: il governo della democrazia e l’analisi di R. Aron (del 1932)

In alcuni paesi europei, le tensioni sociali stanno aumentando visibilmente, in particolare in Belgio e in Francia, con il rischio evidente di mettere in pericolo gli equilibri politici e rafforzare le ali più radicali della scena politica. Nel primo dei due paesi, è scoppiato mercoledì sera uno sciopero improvviso dei ferrovieri. Nella parte meridionale del paese, in Vallonia, non vi sono treni, mentre questi circolano più o meno regolarmente nelle Fiandre. A organizzare lo sciopero sono stati i sindacati francofoni. Quelli fiamminghi hanno rifiutato di imitarli. L’agitazione, che sta gettando nel caos le strade belghe per via dei pendolari costretti a usare l’automobile piuttosto che il treno, giunge sulla scia di altri scioperi violenti, come quello dei secondini nelle prigioni sempre vallone che dura dal 25 aprile. 3071967Qualche giorno fa, i secondini hanno preso d’assalto il Ministero della Giustizia a Bruxelles, saccheggiandone il piano terra. La polizia è intervenuta con i gas lacrimogeni. Ancora una volta, il Belgio è spaccato in due: tra un Sud in preda a proteste anche violenti e un Nord dove la pace sociale resiste. La situazione aggrava una spaccatura comunitaria, forse anche dovuta a un governo federale che non solo è di centro-destra, ma è anche più fiammingo che vallone. L’esecutivo Michel è sostenuto da tre partiti fiamminghi (il liberale Open-VLD, l’autonomista N-VA, il democristiano CD&V) e un solo partito vallone (il liberale MR, di cui è espressione il primo ministro Charles Michel). Il rischio per i sindacati francofoni in queste circostanze è di provocare così tanti disagi dal rafforzare indirettamente la popolarità della N-VA, il cui presidente e sindaco di Anversa, Bart De Wever, ama dire che in Belgio vi sono “due democrazie”. Sarà interessante vedere come si comporteranno i sindacati in occasione dello sciopero generale della funzione pubblica annunciato per martedì 31 maggio. In Francia, intanto, la situazione non è dissimile.  Gli scioperi e le manifestazioni contro la riforma del codice del lavoro stanno colpendo tra le altre cose gli approvvigionamenti di benzina. Manifestano gli studenti, i poliziotti, gli impiegati. Le forze dell’ordine hanno subito aggressioni particolarmente violente, e hanno risposto con una forza spesso criticabile. Alcuni commentatori francesi, notoriamente polemici, sostengono che il paese è sull’orlo del caos. Un editorialista di Le Figaro parlava qualche giorno fa di “una situazione di pre-guerra civile”. Si insinua il dubbio che alcuni sindacati francesi, come la CGT di Philippe Martinez, vogliano cavalcare la protesta per rafforzarsi dopo anni di lento calo degli iscritti. Così facendo rischiano però di indebolire ulteriormente il presidente François Hollande, che (per ora) difende la riforma a spada tratta, e dare di converso nuova linfa al Fronte Nazionale. Sia in Francia che in Belgio, proprio le agitazioni sociali potrebbero facilmente rafforzare ulteriormente i partiti più radicali e più nazionalisti. Tornano alla mente le considerazioni di Raymond Aron (1905-1983). Il filosofo francese, ai tempi studente universitario a Colonia e a Berlino, scriveva nel 1932 in un articolo per la rivista Europe che la Germania, allora in preda ad agitazioni sociali, “è diventata quasi impossibile da governare in modo democratico”. Prevedeva – ricorda nelle sue Mémoires pubblicate da Julliard a Parigi nel 1983 – l’emergere di “un regime autoritario”. Adolf Hitler arrivò al potere l’anno successivo. Né il Belgio, né la Francia sono probabilmente nella situazione in cui si trovava la Repubblica di Weimar nel 1932, ma le considerazioni di Aron appaiono particolarmente attuali. Se il Belgio ha deciso di mandare l’esercito nelle prigioni, la Francia ha annunciato in novembre lo stato di emergenza, a seguito degli attentati islamisti che colpirono Parigi in autunno. Prima ancora dell’eventuale arrivo al potere dei partiti più radicali, a preoccupare è il governo della democrazia che già oggi appare ormai in dubbio in alcuni paesi dove alla forza dei movimenti più nazionalisti – presenti ormai ovunque – si aggiungono gravi tensioni sociali e comunitarie.

(Nella foto, un ferroviere in sciopero in una stazione belga)

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