C’è un problema Belgio in Europa? La domanda è lecita. E non solo perché Bruxelles è informalmente la capitale dell’Unione Europea; ma anche perché il paese è geograficamente il crocevia economico tra il Nord e il Sud del continente. Da mesi nel paese si stanno susseguendo le situazioni di crisi. Non mi riferisco più solo agli attentati terroristici di origine islamista del 22 marzo, che hanno messo chiaramente in luce le difficoltà del paese a gestire l’integrazione di una fetta della sua società di origine straniera o a fare i conti con una sovrapposizione tra le diverse competenze federali, regionali e locali nel garantire l’ordine pubblico. E non mi riferisco neppure alle quotidiane schermaglie comunitarie tra valloni e fiamminghi che bene o male esistono da tempo. Negli ultimi mesi si sono moltiplicate vicende che suscitano non pochi interrogativi. L’ultima è uno sciopero dei secondini nelle prigioni valloni. L’agitazione è iniziata il 25 aprile, e sta mettendo a durissima prova la tenuta delle carceri, tanto che il governo Michel è stato costretto a mandare in rinforzo i militari, provocando non poche polemiche. Martedì di questa settimana un migliaio di guardie si sono recate a Bruxelles per protestare contro le loro condizioni di lavoro e per chiedere aumenti salariali. Si sono raggruppate davanti al ministero della Giustizia. Dopo avere manifestato rumorosamente, sono entrate nell’edificio dove hanno letteralmente saccheggiato il piano terra di un palazzo che ospita il ministro Koen Geens e il suo gabinetto. La polizia, che colpevolmente non era intervenuta prima, è stata costretta a evacuare la scena con i gas lacrimogeni. Nel frattempo, nella cittadina di Lantin, un detenuto era ucciso da un altro prigioniero in uno dei carceri valloni dove lo sciopero sta mettendo a rischio la sicurezza. Nel fine settimana, prima della manifestazione violenta al ministero della Giustizia, il primo presidente della Corte di Cassazione Jean de Codt, un signore solitamente riservato ed educato, aveva definito il Belgio “un Etat voyou”, uno Stato teppista o canaglia. La definizione voleva essere provocatoria. Il magistrato si riferiva alla situazione nelle carceri e allo stato della giustizia, oggetto come altrove di tagli e ristrutturazioni. Ciò detto, la città di Bruxelles negli scorsi mesi è stata costretta a chiudere in tutta urgenza una serie di tunnel cittadini perché le gallerie erano gravemente invecchiate, e lastre di cemento si stavano improvvisamente staccando dal soffito, fortunatamente senza colpire i veicoli in transito. Il settore ferroviario è anch’esso disastrato. I percorsi sono segnati da ritardi, improvvisi cambi di treno e impreviste deviazioni di percorso. Sulla scia dei recenti attentati, l’aeroporto Bruxelles-National di Zaventem rimarrà in parte inagibile per un certo periodo di tempo. Nel frattempo, pur di utilizzarlo, le autorità hanno creato aree di attesa sotto enormi tendoni, adottando almeno due controlli di sicurezza e due controlli d’identità. Tra aprile e maggio, le code fuori dallo scalo erano talmente lunghe e faticose che molte persone hanno perso o rischiato di perdere l’aereo (sono una di quelle). Sono scoppiate violente proteste per una situazione di evidente disorganizzazione. Nello stesso periodo, il governo Michel annunciava la distribuzione di pastiglie di iodio a tutta la popolazione belga, e non solo a coloro che risiedono nelle vicinanze dei siti nucleari. La scelta è sembrata una incredibile ammissione di colpevolezza: è giunta dopo che da anni la Germania si dice preoccupata per lo stato di degrado delle centrali belghe. E’ difficile trovare un denominatore comune in questo elenco. E’ probabile che a giocare sia da un lato l’eccesso di autorità pubbliche a troppi livelli (ormai si parla di “lasagna istituzionale” per descrivere la struttura costituzionale del paese) che provoca una generale e crescente deresponsabilizzazione. Dall’altro, è possibile che l’incertezza economica stia mettendo in crisi l’assetto corporativo e comunitario del paese. In altre circostanze, lo sciopero dei secondini sarebbe stato risolto con un aumento salariale. Oggi non è più possibile. In questi mesi, la crisi belga ha subito un salto di qualità, al netto della simpatica tendenza al surrealismo che ha sempre caratterizzato il paese. In una lettera aperta a Le Soir pubblicata mercoledì, tre grandi imprenditori belgi hanno esortato l’establishment politico “a rivitalizare uno Stato che dà l’impressione di non funzionare più”. Intanto, secondo un sondaggio del Travel Leaders Group, una organizzazione delle agenzie di viaggio negli Stati Uniti, il Belgio è ritenuto dagli americani il secondo paese in Europa (dopo la Turchia) da evitare quest’anno.
(Nella foto, il ministero della Giustizia a Bruxelles martedì 17 maggio dopo il passaggio dei dimostranti che hanno manifestato per migliori condizioni di lavoro nelle prigioni valloni)
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