In difficoltà nei sondaggi, schiacciati tra i grandi partiti popolari e i piccoli partiti populisti, i liberali europei stanno cercando del loro meglio per recuperare terreno e prepararsi al prossimo voto europeo. Il 4 marzo, Guy Verhofstadt, ex primo ministro belga e oggi candidato liberale alla presidenza della Commissione Europea, intende presentare in Italia la futura lista liberale per le prossime consultazioni di fine maggio. "Riunirà partiti, fondazioni, associazioni, tutti gruppi che condividono i valori liberali e democratici", ha spiegato questa settimana Verhofstadt, 60 anni, incontrando alcuni giornalisti qui a Bruxelles.
L'iniziativa si presenta ardua. Prima di tutto c'è un problema di leadership. L'unica persona che può forse rappresentare con successo i liberali italiani nelle prossime elezioni europee è Emma Bonino, l'attuale ministro degli Affari Esteri. Lo vorrà, potrà fare? Difficile altrimenti immaginare altre persone con la stessa popolarità. Un altro aspetto che complica le cose è che in molti paesi, e l'Italia non fa eccezione, al liberalismo economico si attribuisce la crisi finanziaria e debitoria. Liberalismo è diventato sinonimo di deregolamentazione, oggi non più in voga. "Liberalismo – spiega Verhofstadt – non significa capitalismo selvaggio. Credo in un certo livello di auto-regolamentazione, ma certo non sui mercati finanziari che devono essere regolamentati". L'ex primo ministro belga sarà chiamato ad affrontare almeno altre due sfide. La prima riguarda il rapporto con la Chiesa. "Noi crediamo nella separazione netta tra Chiesa e Stato", sottolinea l'uomo politico, originario di un paese storicamente segnato dal confronto tra cattolici e laici. Purtroppo questa separazione in Italia non è mai stata netta. Il paese non è laico, a dispetto di quanto scritto nella Costituzione. Accanto ad accaniti anti-clericali, molti eletti – a destra e a sinistra – consentono alla Chiesa di influenzare scelte politiche, timorosi del suo peso nella società nazionale. In visita da Papa Benedetto XVI, l'allora presidente del Consiglio Mario Monti non baciò l'anello del Pescatore, a differenza di molti suoi predecessori a Palazzo Chigi, ma in varie occasioni non mancò di farsi fotografare mentre usciva o entrava da una messa, strizzando l'occhio tanto agli elettori che al clero. Come si comporteranno i liberali italiani su questo fronte? Riusciranno a essere veramente laici (non necessariamente anti-clericali) come vorrebbe Verhofstadt? E se sì, quanto peserà la loro scelta in termini di voti? Un ultimo aspetto a cui dovrà far fronte l'ex premier belga riguarda il clientelismo che permea la società italiana e che la crisi di questi ultimi cinque anni sembra aver rafforzato. In questo momento, la forza del familismo si riflette in una fragilità delle idee liberali. Forse l'equilibrio cambierà quando il clientelismo avrà provocato tanti e tali mali da indurre un revival del liberalismo.
(Nella foto, Guy Verhofstadt, il terzo da sinistra, in questi giorni a Kiev durante le drammatiche manifestazioni che stanno mettendo a ferro e a fuoco la capitale ucraina. L'uomo politico belga fiammingo è stato primo ministro del suo paese dal 1999 al 2008)
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