La vicenda cipriota sta provocando nuove e gravi tensioni nella zona euro. La decisione dei 17 di tassare forzosamente i depositi ciprioti pur di ridurre l'ammontare dei prestiti internazionali al piccolo paese mediterraneo ha creato malcontento sia a Cipro che in altri paesi europei.
Nel novembre dell'anno scorso, l'Eurogruppo ha aperto la porta a una nuova ristrutturazione dei titoli greci, nel medio termine, se la sostenibilità del debito si rivelasse impossibile da raggiungere con le misure decise finora.
Qualche settimana fa il governo olandese ha deciso di salvare un istituto di credito in grave difficoltà, la SNS Reaal Bank, chiedendo ad alcune banche nazionali di contribuire all'operazione. Ora, in modo diverso nella forma ma simile nella sostanza, i risparmiatori ciprioti devono partecipare al salvataggio delle loro banche. Non è una vera e propria ristrutturazione del debito, ma è comunque una partecipazione forzosa al costo della crisi debitoria. Fin da quando è scoppiato lo sconquasso finanziario, due erano le possibilità per uscire in modo durevole dalla crisi: aumento dell'inflazione o ristrutturazione del debito. La prima soluzione è politicamente difficile, non solo perché la Germania sarebbe contraria, ma perché la lotta all'inflazione è ormai il pilastro acquisito su cui poggia l'unione monetaria. La seconda possibilità appare ormai più facile da perseguire. Non ne sono chiare però le modalità. Chi paga? Come si paga? Come dimostra il caso cipriota, il rischio dell'operazione è di creare ingiustizie sociali che potrebbero determinare drammatiche conseguenze politiche. Ciò detto, sembra ormai chiaro che risolvere una crisi debitoria con nuovo debito è diventato economicamente insostenibile. La Banca per i regolamenti internazionali (BRI) ha fatto notare questo fine settimana che il debito globale – detenuto dalle famiglie, dalle imprese non finanziarie e dai governi – è aumentato di 30 mila miliardi di dollari dal 2007 a oggi, pari al 40% del prodotto interno lordo mondiale. In Europa, secondo le stime della Commissione Europea, il debito complessivo della zona euro è salito da una media del 69,3% del PIL nel 1999-2003 al 95,1% del PIL stimato nel 2013. Alcuni paesi hanno fatto peggio. Il debito spagnolo è aumentato dal 53,9% del 2009 all'88,4% nel 2012. Quello portoghese, dall'83,2% al 120,6%. Quello francese dal 79,2% al 90,3% del PIL.
(Nella foto, il presidente cipriota Nicos Anastasiades)
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