A otto mesi dalle prossime elezioni europee, i partiti ecologisti stanno soffrendo non poco in vari paesi europei, in un contesto nel quale l’ambientalismo non sempre fa l’unanimità.
Il legislativo voto in Svizzera di domenica scorsa ha messo in luce un calo dei suffragi dei due partiti ambientalisti: nel consiglio nazionale, i Grüne/Les Verts hanno perso cinque seggi, mentre il Partito liberal-verde di Svizzera ne ha persi sei.
Qualche giorno fa, lo stesso è avvenuto in Lussemburgo: il Déi Gréng ha ottenuto alle legislative l’8,6% dei voti, in netta diminuzione rispetto al 15,1% messo a segno nel 2018.
Non dissimili sono stati i risultati nelle elezioni regionali che si sono svolte in Germania, sempre all’inizio del mese. In Baviera, i Grünen sono passati dal 18 al 14,4%, mentre in Assia sono scesi 20,1 al 14,8%.
Gli ultimi sondaggi in vista del voto comunitario del 6-9 giugno dell’anno prossimo lasciano presagire una riduzione del peso dei Verdi nel Parlamento europeo. Gli studi demoscopici si aspettano che ottengano 45 seggi, rispetto ai 68 del 2019, quando avevano guadagnato 22 eurodeputati rispetto alla tornata precedente.
I dati sono parziali, evidentemente, ma fanno riflettere. Cosa sta succedendo ai Verdi europei? Al netto delle particolarità nazionali o locali, è possibile che i movimenti ambientalisti stiano soffrendo di tre tendenze. La prima è dettata dall’agenda politica.
Negli anni, i temi ecologisti sono stati catturati da altri partiti, quelli più tradizionali. Ormai in Europa non vi è movimento, o quasi, che non cavalchi le paure del riscaldamento globale e del cambiamento climatico. Insomma, la concorrenza è cresciuta.
In secondo luogo, vi sono in molte fasce della società europea crescenti dubbi sulle politiche ambientali decise a livello comunitario. Preoccupano i costi economici e gli oneri amministrativi. Sia i socialisti che i popolari ne sono consapevoli e cercano di arginare le proteste. I primi chiedendo maggiori soldi pubblici, i secondi domandando modifiche agli obiettivi e alle misure ambientali. Per i Verdi adattarsi alle proteste è problematico. Ne va della loro stessa ragion d’essere.
Infine, è possibile che ci sia un terzo fattore che giochi, almeno a livello europeo. In molte occasioni a Strasburgo i Verdi hanno partecipato alla maggioranza che in questi anni ha sostenuto la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen. Nel novembre del 2019 quando si trattò di votare la fiducia al nuovo esecutivo comunitario, molti parlamentari verdi si astennero. Insomma, non si può escludere che anche i Verdi, ormai parte dell’establishment in molti paesi, siano oggi penalizzati dal voto protestatario, tanto più quando oggetto delle proteste è il Patto Verde (Green Deal in inglese).
Una ultima annotazione. Si voterà in Olanda il prossimo 22 novembre, e secondo i sondaggi i Groen Links potrebbero smentire la nuova tendenza, anche se la vittoria elettorale, nel caso, sarà ascrivibile anche ai socialisti con i quali gli ambientalisti olandesi hanno firmato un accordo di coalizione.
(Nella foto, tratta dal sito della RTBF, i poster elettorali in Svizzera in occasione delle elezioni legislative del 22 ottobre 2023)