Gaza alla fine dell’Ottocento – Le osservazioni di un ufficiale-viaggiatore francese

Di Gaza abbiamo negli occhi le immagini che ci provengono dai giornali e dalla televisione: una città martoriata dalla guerra, impoverita e sovrappopolata. Peraltro, non da ieri. Per curiosità, ho ripreso in mano un libro di articoli scritti alla fine dell’Ottocento da Pierre Loti, ufficiale di marina e accademico di Francia. L’uomo trascorse la vita sui bastimenti militari francesi, visitando luoghi spesso lontani e affascinanti.

Nel 1894, in viaggio verso Gerusalemme, sbarca a Gaza da dove invia una lunga corrispondenza per La Nouvelle Revue di Parigi. La sua descrizione della città, ancora di impronta saracena, proietta il lettore in una regione che ai tempi era parte della provincia d’Egitto e sotto il dominio dell’Impero ottomano.

Pierre Loti (1850-1923) giunge sul posto nel giorno di Pasqua, domenica 25 marzo. Definisce Gaza “una delle più vecchie città del mondo, già citata nel Libro della Genesi, nei periodi tenebrosi precedenti Abramo”. Racconta che la località fu “presa e ripresa” dai popoli più antichi: gli egiziani, i filistei, gli anakiti, gli assiri, i greci, i romani, gli arabi e i crociati.

Scrive che “il terreno è affollato di detriti, pieno di ossa, e di tesori, lavorato fin nelle sue profondità”. Già allora, Gaza nascondeva lunghe gallerie sotterranee “di tutte le epoche e dagli sbocchi sconosciuti”. Durante l’antichità, Pierre Loti racconta che la città era splendida, soprattutto ai tempi del Dio Marnas, che vi possedeva un celebre tempio. Nel 1894, purtroppo, non è che “un umile mercato alle porte del deserto”.

Al di là dei quartieri costruiti con il fango secco, l’ufficiale di marina scorge “colonne antiche (…), resti di tempii utilizzati per pavimentare le vie, fregi di palazzi greci abbandonati per terra, sull’uscio delle case”. Non vi sono automobili, spiega lo scrittore, solo dromedari, cavalli e asini.

La moschea più importante ospita i resti di Abd al-Muttalib ibn Hashim, il nonno di Maometto e patrono della città. “Come è consuetudine in Oriente”, il cortile è un terreno di giochi per i bambini in bassa età. L’ufficiale di marina osserva che alle caviglie dei più giovani le madri hanno legato un braccialetto di campanelli per evitare che si allontanino.

Nel passeggiare nelle vie di Gaza, Pierre Loti scopre una moschea ancora più grande della precedente. A forma di croce, è in realtà una vecchia chiesa costruita dai Crociati sette secoli prima. Le figure dei santi sono state sostituite dalle “bandiere verdi di Maometto” che occupano la navata ormai spoglia.

Al di là dell’antica cittadella costruita dagli ottomani nel XIII secolo l’ufficiale-viaggiatore descrive con ammirazione “bei giardini ombreggiati” e “sentieri costeggiati da cactus”. Nota che oltre ai contadini musulmani, la città di Gaza è abitata da “ebrei, mercanti di oggetti antichi (…) e da cristiani greci, alcuni dei quali portano vestiti occidentali”.

Molto è cambiato, evidentemente, ma resta la vicinanza del deserto. Prima di partire, lo scrittore francese affronta i “vortici di sabbia e di polvere”, e a proposito del vento caldo che spazza la regione cita il Libro di Isaia (cap. XXI): “Come i turbini che si scatenano nel Negheb, così egli viene dal deserto, da una terra orribile».

(Nell’immagine del fotografo britannico Francis Frith, la città di Gaza nel 1862-1863)