La scivolata di Ursula von der Leyen in Israele – Cause e Conseguenze

È una riunione straordinaria tutta dedicata alla situazione esplosiva in Medio Oriente quella che i capi di Stato e di governo dell’Unione europea terranno martedì pomeriggio in teleconferenza. La vicenda sta provocando non poche tensioni tra i paesi membri, tensioni aizzate più di recente dalla posizione controversa assunta dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

Quest’ultima si è recata in Israele venerdì scorso, insieme alla presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. Alcuni paesi membri sono stati colti di sorpresa prima dal viaggio in sé, poi dalle tappe organizzate durante il soggiorno, e infine dalle prese di posizione dell’ex ministra della Difesa tedesca.

Alcuni governi hanno spiegato di non essere stati informati della visita, e di essere rimasti sconcertati sia dall’incontro con il controverso premier israeliano Benjamin Netanyahu che dalle parole di pieno sostegno a Israele (malgrado il blocco di Gaza da parte dello stato ebraico). La presa di posizione ha suscitato reazioni negative anche in alcuni paesi del Sud del mondo, una regione nella quale l’Unione europea tenta di mettere radici.

Già nei giorni precedenti Bruxelles aveva provocato confusione e disappunto tra i paesi membri, facendo scelte unilaterali e controverse sugli aiuti da versare ai palestinesi. Prima aveva annunciato una loro sospensione tout court, poi una sospensione solo per gli aiuti allo sviluppo, infine decidendo addirittura di triplicare gli aiuti umanitari.

Dinanzi al caos comunicativo, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha deciso di convocare un vertice. Nel frattempo, i 27 hanno negoziato un comunicato, pubblicato oggi, con il quale rimettono in riga la signora von der Leyen. Condannano sì l’aggressione di Hamas, ma ricordano che “il diritto di Israele all’autodifesa” deve avvenire “nel pieno rispetto del diritto internazionale”. Sottolineano altresì “la necessità di proteggere i civili”.

Spiega un funzionario europeo: “Si trattava di fare chiarezza, di trovare un giusto equilibrio tra le diverse sensibilità nazionali così come rispetto alla situazione in Medio Oriente”. La Germania, in particolare, sta aggiornando la sua posizione. In passato avrebbe preso posizione a sostegno di Israele, senza se e senza ma.

Oggi l’establishment politico tedesco deve tenere conto sia delle discutibili scelte israeliane che delle opinioni della sua popolazione, nella quale la minoranza di religione musulmana o di origine araba è in forte aumento dopo l’accoglienza di centinaia di migliaia di siriani ed iracheni tra il 2015 e il 2016.

Lo screzio tra la Commissione e il Consiglio è ascrivibile in parte alle tensioni pre-elettorali e alla delicatezza della situazione mediorientale. Solo in parte però.

La vicenda è un passo falso della signora von der Leyen. Forse pensava di potere agire come fece quando scoppiò la guerra a Kiev. Ma l’Ucraina non è Israele e Gaza non è la Russia. A dire il vero, non è la prima volta che l’ex ministra tedesca commette errori di questo tipo. In altre circostanze, in questi ultimi mesi, si è dimostrata fuori strada rispetto ai paesi membri, a cui in fondo deve rendere conto.

Prima ha proposto di usare gli attivi russi congelati dopo lo scoppio della guerra in Ucraina per la ricostruzione del paese. La proposta è stata nei fatti respinta da una maggioranza di paesi membri. Poi ha pronunciato un discorso sul futuro del rapporto con la Cina senza condividerne i contenuti con i Ventisette, quando la politica estera è materia principalmente in mano ai governi. Infine, ha proposto misure per eventualmente bloccare investimenti europei in paesi terzi. Sono fioccati i dubbi.

Il passo falso nella vicenda israelo-palestinese è particolarmente sorprendente. Come è possibile che sia accaduto? Le spiegazioni sono tante. Da un lato, la presidente della Commissione europea è vittima del suo desiderio di apparire, in perenne concorrenza con il presidente del Consiglio europeo. La corsa tra i due è tanto infantile quanto deleteria. Oggi la gaffe è stata della presidente della Commissione europea. Ieri era stata del suo concorrente belga.

Dall’altro, la signora von der Leyen gestisce la Commissione europea in modo molto accentratore. Ha nominato capo di gabinetto non un funzionario dell’esecutivo comunitario, come è consuetudine, ma un suo stretto collaboratore berlinese. Lo stesso poi vale per il suo consigliere per la comunicazione. Portavoce infine è un funzionario francese, che appare tenuto in disparte dalle decisioni politiche e in difficoltà nell’anticipare gli eventuali incidenti di comunicazione.

Più in generale, il dibattito nel collegio dei commissari sarebbe dopotutto limitato. In privato, molti membri si sono lamentati in questi anni di non essere stati informati passo passo delle scelte prese dal vertice. Prima della pausa estiva alcuni commissari hanno protestato contro la nomina unilaterale o quasi di una cittadina americana, Fiona Scott Morton, alla posizione di capo economista della direzione generale Concorrenza.

Anche sul fronte della comunicazione, la presidente della Commissione europea è sembrata voler prendere il sopravvento rispetto agli altri membri del collegio. Sistematicamente, ha anticipato il contenuto delle conferenze stampe in cui avrebbero parlato gli altri commissari con propri video su Twitter o su Instagram. A molti, l’atteggiamento è sembrato poco elegante, oltre che foriero di confusione.

Il confronto tra i membri del collegio può sembrare talvolta inutilmente macchinoso e inefficace agli occhi della signora von der Leyen, ma ha il merito di spalmare la responsabilità delle decisioni. Oggi invece l’ex ministra è terribilmente sola nel gestire una imbarazzante vicenda tanto politica che personale.

Dietro alla tendenza ad accentrare sia decisioni che comunicazione si nasconde il legittimo desiderio di dare alla Commissione europea il ruolo di governo dell’Europa, ma anche probabilmente ambizione professionale, temperamento umano, esperienza personale così come l’infelice concorrenza con il presidente del Consiglio europeo.

Non so come si concluderà questa vicenda. Fino alla settimana scorsa avrei ritenuto probabile un rinnovo del mandato dopo il voto europeo del 2024. A questo punto, la riconferma della signora von der Leyen non è più così certa. Peccato, sia perché su tanti fronti l’ex ministra tedesca si è dimostrata all’altezza, sia perché un suo imbarazzante insuccesso rischia di fare un torto a tutte le donne che, a ragione, ambiscono a sempre più frequenti posizioni di responsabilità.

(La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, 65 anni, e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, 73 anni, durante il loro incontro venerdì 13 ottobre in Israele)