“Vedremo il risultato del voto in Italia, ci sono state anche le elezioni in Svezia. Il mio approccio è che qualsiasi governo democratico sia disposto a lavorare con noi, lavoreremo insieme (…) Se le cose andranno in una direzione difficile, abbiamo degli strumenti, come nel caso di Polonia e Ungheria”.
Ursula von der Leyen, Princeton, 22 settembre 2022
Come spesso già accaduto in passato, le parole di un dirigente comunitario, questa volta della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen riportate qui sopra, hanno scatenato le reazioni, per lo più vittimistiche, di una parte della classe politica nazionale. Al netto di questa vicenda, conviene chiedersi a due giorni dal voto politico in Italia, quale siano i sentimenti prevalenti a Bruxelles e nelle altre principali capitali europee.
Dalle numerose conversazioni che ho avuto in queste settimane, l’impressione è che l’establishment comunitario oscilli fra la preoccupazione che l’Italia segua l’esempio ungherese o polacco, e la speranza che il paese dopotutto eviterà il peggio, vuoi per la presenza del corsetto di regole comunitarie, vuoi perché la coalizione di centro-destra, data per vincente, sia in ultima analisi meno combattiva delle previsioni o troppo litigiosa per imprimere cambiamenti dirompenti.
La presa di posizione della signora von der Leyen a Princeton (New Jersey) è stata criticata anche dal Movimento Federalista Europeo che in un comunicato l’ha definita “un errore”, una inutile provocazione tenuto conto dell’ovvietà delle sue parole e dei suoi compiti. Al di là dell’opportunità o meno dei suoi commenti, l’ex ministra ha dimenticato di ricordare la premessa del suo ragionamento: la Commissione è Guardiana dei Trattati e nel caso di una loro violazione dovrà farli rispettare.
Torniamo ai due sentimenti prevalenti a Bruxelles. Cosa significa temere un altro caso ungherese?
A Budapest governa dal 2010 un partito (Fidesz) che sta mettendo a rischio la democrazia. Dalle istituzioni europee così come dalle organizzazioni umanitarie, il governo Orban è stato accusato di guidare un regime cleptocratico (segnato dalla corruzione), reazionario (che mette in dubbio il diritto degli omosessuali) e illiberale (soprattutto sul fronte dell’informazione). C’è di più. In molte occasioni, ha scelto la strada nazionalistica, usando il suo potere di veto nei consessi europei e violando, almeno nei fatti, lo spirito dei Trattati che impone ai paesi membri buona fede e spirito di collaborazione.
Preoccupa che l’Italia possa seguire la stessa strada. È probabile che rispetto ad altre democrazie più giovani quella italiana abbia pesi e contrappesi più efficaci e rodati, ma fa paura la possibilità che da Palazzo Chigi governi un esecutivo esplicitamente nazionalista. Peraltro, vale la pena ricordare che una minoranza di blocco nel Consiglio richiede una alleanza fra appena quattro paesi tali da rappresentare almeno il 35% della popolazione. Insieme Polonia, Ungheria e Italia pesano per il 24%.
Nel contempo, tra i sentimenti prevalenti a Bruxelles c’è anche la speranza che il paese possa evitare il peggio. Qui si nota che Giorgia Meloni appare realista sul fronte economico (pur di durare al governo ha capito che non bisogna innervosire i mercati finanziari) e si spera – surrettiziamente – in una coalizione paralizzata dai veti incrociati e dagli equilibri precari. I più informati sulla situazione italiana sanno poi che il presidente della Repubblica deve firmare le leggi perché queste entrino in vigore e che spetta al Capo dello Stato nominare i ministri.
Più in generale, l’osservatore comunitario più smaliziato nota che nell’ultimo decennio l’Unione europea è riuscita ad affrontare sia l’era Berlusconi IV, sia l’epoca Conte I. Nei due casi, la costruzione comunitaria ha retto (a spese, a dire il vero, di un fortissimo e deleterio aumento del debito pubblico italiano, salito dal 120 al 150% del PIL.in 12 anni).
(Nella foto, a destra la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, 45 anni, insieme alla presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, 43 anni, in un incontro a Strasburgo il 6 luglio 2022)