Nell’ultimo vertice europeo, che si è svolto nel Castello di Praga venerdì scorso, tre dirigenti europei sono giunti insieme a piedi: il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il primo ministro olandese Mark Rutte. Molti osservatori hanno espresso sorpresa, e si sono subito chiesti le ragioni di questa passeggiata a tre, allorché gli altri leader arrivavano separatamente e in auto.
In realtà, i tre uomini politici avevano appena incontrato i fondatori di un nuovo istituto di ricerca, il Brussels Institute for Geopolitics, e avevano garantito alla nuova istituzione il loro patrocinio morale e il loro sostegno economico. Il nuovo istituto nasce per volontà di tre studiosi: gli olandesi Luuk van Middelaar e Hans Kribbe, il francese Sébastien Lumet.
Il Brussels Institute for Geopolitics giunge mentre la scena internazionale è in piena mutazione: “L’ascesa di uomini forti nel mondo, l’impatto della pandemia da Covid-19 e l’abisso politico in cui si trovano gli Stati Uniti e la Cina hanno mostrato brutalmente quanto l’Europa sia strategicamente vulnerabile”, si legge sul sito della nuova organizzazione.
“Il mondo – spiega il nuovo istituto di ricerca – è entrato in una nuova era di rivalità e di incertezza, e per prosperare in questa nuova era l’Europa deve imparare ad agire e a pensare in termini di potere, di interessi e di strategia”. Lo sguardo naturalmente corre alla guerra russa in Ucraina, ma anche alle tensioni nel Maghreb o nei Balcani.
Insomma, il desiderio della nuova istituzione è di indurre l’establishment comunitario a riflettere in termini di potenza, usando gli strumenti della ricerca accademica e del dibattito intellettuale. In fondo il Brussels Institute of Geopolitics nasce sulla falsariga di una Commissione europea, quella presieduta da Ursula von der Leyen, che si è definita geopolitica.
La presenza della Francia nel trio dei paesi-sostenitori non sorprende. Dal 2017, in un discorso alla Sorbona, il presidente Macron insiste sui concetti di autonomia strategica e di sovranità europea. La stessa Germania ha fatto dei passi in questa direzione in una recente allocuzione all’Università Carolina di Praga pronunciata dal cancelliere Scholz.
La sorpresa giunge da parte olandese. In questi decenni di integrazione europea, l’Olanda è stata spesso un fedele alleato del Regno Unito, quando questo era ancora paese membro dell’Unione europea: favorevole al libero mercato, contraria ad ogni forma di interventismo economico, e in fondo sostenitrice della sovranità nazionale. Le priorità sono cambiate anche a L’Aja, ammette la diplomazia olandese.
Ha detto in marzo in un discorso a Parigi il premier Rutte: “L’invasione russa dell’Ucraina ha sprofondato l’Europa in una nuova era di incertezza. Non sappiamo dove finirà l’aggressione della Russia; e non sappiamo neppure quali saranno le implicazioni per il nostro continente. Ma dobbiamo fare tutto il possibile per mantenere il futuro dell’Europa nelle nostre mani. Dobbiamo lavorare per garantire un’Unione europea che sia resistente e una NATO che sia forte. Per essere forti sul palcoscenico mondiale. Per difendere i nostri principi e i nostri valori. Al fianco della nostra famiglia europea in questi tempi così difficili”.
Più di altri paesi, l’Olanda, tradizionalmente proiettata sui grandi mercati internazionali, soffre dell’instabilità mondiale. Non si tratta più di difendere il liberalismo economico nel grande mercato unico o di garantire il libero scambio a livello mondiale. Al netto dei suoi perduranti dubbi sull’opportunità di porre un tetto al prezzo del gas, il paese si rende conto ormai che a rischio sono il modello sociale europeo, i principi democratici, le catene produttive.
Non per altro la liberale Olanda ha accettato bon gré mal gré tre recenti linee direttrici comunitarie che in passato avrebbe certamente criticato, se non ostacolato: l’uso di sussidi pubblici nella produzione di microprocessori, l’intervento d’emergenza di Bruxelles nel caso di crisi negli approvvigionamenti, il coordinamento tra i paesi nell’assicurarsi forniture di materie prime cruciali. Insomma, anche agli occhi olandesi maggiore interventismo (o protezionismo?) è oggi indispensabile per proteggere l’interesse europeo.
(Nella foto tratta da Twitter, l’incontro a Praga tra i fondatori del Brussels Institute of Geopolitics e i dirigenti di Francia, Germania e Olanda)