Dopo una prima fase di rodaggio, il presidente del Consiglio italiano aveva avuto nei confronti della Germania un atteggiamento sorprendentemente diplomatico e conciliante. Sembrava aver capito che criticare Berlino era inutile, inelegante, e controproducente. È stato pronto in varie occasioni a definire le riforme economiche tedesche un modello da imitare. Negli ultimi giorni, Matteo Renzi ha cambiato linguaggio, ed è tornato a criticare aspramente il governo tedesco, strizzando l’occhio a Parigi e a Londra, oltre che a una parte della società italiana, sensibile agli attacchi anti-tedeschi che rimbalzano nervosamente anche sui più grandi giornali del paese. È dubbio quanto questa strategia possa essere premiante. “Rispetto la decisione di un paese libero e amico come la Francia, nessuno deve trattare gli altri paesi come si trattano degli studenti”, ha detto giovedì il premier, rispondendo al cancelliere tedesco Angela Merkel che il giorno prima aveva invitato tutti i Paesi dell’Unione “a fare i loro compiti”, risanando i conti pubblici e modernizzando l’economia nazionale. Parigi ha annunciato la settimana scorsa di voler rinviare dal 2015 al 2017 l’impegno a ridurre il deficit sotto al 3,0% del prodotto interno lordo il deficit pubblico. “Se la Francia ha deciso così, avrà i propri motivi e io sto dalla parte di François Hollande e Manuel Valls”, ha aggiunto il premier. Mentre Parigi ha rivisto il suo impegno di riduzione del deficit nominale, Roma ha rinviato di due anni l’obiettivo di pareggio strutturale. Come Manuel Valls, Matteo Renzi ha deciso di giocare d’attacco, in barba alle sollecitazioni europee e tedesche di risanare i conti pubblici. La strategia è fragile, se non addirittura rischiosa, per almeno tre motivi.Prima di tutto, non è con le critiche e gli attacchi che Roma riuscirà mai a convincere la Germania ad avere nei confronti dell’Italia un atteggiamento più benevolo e comprensivo. Al di là delle scelte di ciascun paese, il governo italiano non ha le carte in regola per battere il pugno sul tavolo. Il paese è politicamente debole ed economicamente fragile. Avrà anche un grande passato – come ripete spesso il presidente del Consiglio – ma il suo presente è appeso a un filo e il suo futuro molto incerto. Aggiunge la parlamentare liberale francese Sylvie Goulard: “Una alleanza franco-italiana contro la Germania non ha senso. Prima di tutto perché la moneta unica richiede l’unità dei paesi che vi partecipano. È vano pensare che scelte macroeconomiche delicate possano essere facilitate da parole e decisioni unilaterali che dividono”. Ciò detto, secondo la signora Goulard, “il dibattito di politica economica in Germania è troppo giuridico e non abbastanza economico”. Tre le direttrici su cui lavorare, sempre secondo il deputato europeo: capire le attese della Germania del rispetto delle regole, accettate peraltro da Roma e Parigi; adottare riforme economiche coraggiose; e lavorare per spiegare ai tedeschi la gravità della situazione, di cui la Repubblica Federale è certamente in parte consapevole. Lo dimostra l’atteggiamento conciliante che ha avuto con molti paesi in questi anni quando si è trattato di rivedere gli impegni di bilancio, o di accettare una politica monetaria che alla Bundesbank non piace. Vi sono altri due motivi per cui attaccare Berlino e rivedere gli impegni sul fronte dei conti pubblici è controproducente. La scelta rischia di complicare non poco la strategia della Banca centrale europea, pronta ad agire contro la deflazione e la stagnazione anche con acquisti controversi di titoli obbligazionari, a patto però che i governi modernizzino le loro economie nazionale e risanino le finanze statali. Già oggi la BCE deve fare i conti con le critiche tedesche – questo fine settimana Hans Michelbach, esponente dei cristiano-sociali bavaresi, ha detto che Mario Draghi sta trasformando l’istituto monetario sempre più “in una Ramschbank“, una banca spazzatura. Sarà difficile per il presidente della BCE continuare su questa strada se il paese più fragile non gioca secondo le regole, a tutto danno dell’Italia. Infine, pensare di fare un fronte comune con Parigi e Londra contro Berlino è ingenuo, se non addirittura controproducente. Dovesse essere costretta a scegliere tra Berlino e Roma, Parigi sceglierà sempre Berlino. In Francia, il debito pubblico è elevato, l’economia in panne, la società in crisi; eppure i mercati continuano a considerare il paese più affidabile del suo vicino al di là delle Alpi. Pensare poi di appoggiarsi alla Gran Bretagna per meglio contrastare Berlino o Bruxelles rischia di essere poco lungimirante. Tendenzialmente, Londra guarda a Roma con benevole sufficienza. Vale ancora quanto disse Winston Churchill al ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentropp quando questi negli anni 30 gli disse che in una prossima guerra l’Italia sarebbe stata al fianco della Germania. Memore dello “stato di servizio” italiano durante la Grande Guerra, il premier inglese rispose caustico: “E’ solo giusto. Li avemmo dalla nostra parte l’ultima volta”.
(Nella foto, Matteo Renzi, a destra, con il premier inglese David Cameron, giovedì 2 ottobre a Londra)