La scelta della Welt am Sonntag di pubblicare un articolo di Elon Musk, il sulfureo imprenditore americano di origine sudafricana dalle idee controverse, mi ha fatto riflettere. In nome della libertà di espressione è stata la decisione giusta?
Nell’articolo l’imprenditore, proprietario di Space X e di Tesla, ha cantato le lodi di un partito, Alternative für Deutschland, che in questi anni ha espresso idee nazionaliste e xenofobe. Tra le altre cose, l’AfD ha discusso di espellere gli stranieri, anche quelli che nel frattempo hanno ottenuto la nazionalità tedesca.
Nel suo pezzo Elon Musk ha spiegato che la Germania è “sull’orlo dello sfacelo economico e culturale” e che l’AfD è “la sola scintilla di speranza per il paese”. La presa di posizione è giunta a due mesi dalle prossime elezioni federali.
“A chi condanna l’AfD perché estremista dico: Non vi lasciate influenzare dall’etichetta che gli è stata incollata addosso”, ha aggiunto. Ha poi ricordato che la candidata dell’AfD alla cancelleria Alice Weidel è in coppia con una signora dello Srilanka: “Ciò vi fa forse pensare a Hitler? Ma per favore!”.
Il partito è ritenuto dalle autorità di polizia “una organizzazione di estrema destra” ed è per questo motivo oggetto di sorveglianza. Alcuni suoi esponenti non nascondono la loro vicinanza al Nazismo.
Tra le altre cose, il programma del partito prevede la reclusione minima di tre mesi per chi aggredisce un membro delle forze dell’ordine e il ritorno del servizio militare per tutti gli uomini tra i 18 e i 25 anni. L’AfD ritiene che la “famiglia tradizionale” sia “un modello”, intende promuovere le nascite anziché l’immigrazione e dichiara che “l’Islam non appartiene alla Germania”. Non manca neppure nel programma una punta di revisionismo storico: “L’attuale scelta di limitare il culto della memoria all’era nazionalsocialista va sostituita con un approccio più ampio alla Storia, che comprenda anche gli aspetti positivi e identitari del passato tedesco”.

Elon Musk, in primo piano e a destra, con il presidente eletto americano Donald Trump BRANDON BELL/ GETTY IMAGES NORTH AMERICA/GETTY IMAGES VIA AFP
Oggi l’AfD oscilla intorno al 20% delle intenzioni di voto.
Il direttore della Welt am Sonntag, Jan Philipp Burgard, ha giustificato la scelta di pubblicare il pezzo in nome della libertà di espressione. Accanto all’opinione di Elon Musk ha scritto un articolo in cui ha sottolineato le contraddizioni in cui era caduto l’imprenditore nel suo commento, concludendo che “anche i geni possono sbagliare”.
La Welt am Sonntag appartiene alla Axel Springer Verlag, la grande casa editrice che durante gli anni della Guerra Fredda aveva la propria sede a Berlino Ovest proprio accanto al Muro. Pubblica, oltre al settimanale domenicale, anche il quotidiano Die Welt e il tabloid Bild.
Negli anni, nessuna di queste pubblicazioni ha mai nascosto le proprie posizioni conservatrici, filoamericane, vicine al partito democristiano. Bild in particolare è un animale strano, tabloid nella prima pagina e in molte pagine interne, ma accurato e tagliente quando si tratta di coprire la politica tedesca a cui è riservata la pagina 2.
Credo fermamente che un giornale debba pubblicare tutto ciò that fits to print. La censura o peggio ancora l’auto-censura rischiano sempre di ritorcersi contro la libertà della stampa e in ultima analisi la democrazia. Ma mi chiedo se l’articolo di Elon Musk meritasse la pubblicità che la Welt am Sonntag gli ha dedicato. Mi spiego meglio.
L’imprenditore controlla già uno strumento di informazione – X, l’ex Twitter – capace di influenzare miliardi di persone. Lo stesso conto di Elon Musk è seguito da 209 milioni di persone. Insomma, l’uomo non ha difficoltà a farsi notare e a pubblicizzare le proprie opinioni. Non c’è giornale che non dia spazio alle sue prese di posizione.
Peraltro, qualche settimana fa in un tweet, scrisse agli utenti di X:
You are the media
The voice of the people
Ha lasciato così intendere che i tradizionali mezzi d’informazione sono per così dire strumenti superati e che il popolo è il miglior giornalista. Perché dare spazio in un giornale a una persona che delegittima gli stessi giornali?
Per di più, se nel suo pezzo Elon Musk si fosse limitato a spiegare cosa intenda fare da braccio destro del prossimo presidente americano Donald Trump la pubblicazione avrebbe avuto un indubbio interesse. Ma per quale motivo pubblicare un articolo nel quale l’autore – già sospettato di violare con X le direttive europee – tenta prepotentemente di influenzare la campagna elettorale tedesca?
Non so perché Jan Philipp Burgard abbia deciso di pubblicare l’articolo di Elon Musk, oltre al desiderio di garantire la libertà di espressione. Nella migliore delle ipotesi è stato sedotto dal desiderio di provocare un dibattito e di godere di una certa notorietà. Nella peggiore delle ipotesi ha subito le pressioni del suo editore, Matthias Döpfner, che in passato non ha nascosto la sua vicinanza con lo stesso Musk.
Peraltro, quest’ultimo è particolarmente ricco. Il suo patrimonio ammonterebbe a quasi 450 miliardi di dollari (in questi anni, incredibilmente, ha preso possesso di una fetta consistente di un bene pubblico mondiale: lo spazio). So bene che la pubblicità è bene raro in tempo di crisi, ma mi sembra che la stampa dovrebbe avere nei suoi confronti una innata prudenza, se vuole rimanere indipendente.
Più in generale la vicenda provocata dalla Welt am Sonntag mi ha riportato alla mente un libro pubblicato in Francia nel 2018 e nel quale Daniel Schneidermann descrive l’esperienza dei corrispondenti a Berlino negli anni 30. Ricco di aneddoti, il volume (Berlin 1933 – La presse internationale face à Hitler, Seuil, Parigi) racconta come i giornalisti stranieri (ai tempi circa 200 nella capitale tedesca) non fossero sufficientemente all’erta dinanzi alla deriva tedesca.
L’autore parla di una “cecità mediatica collettiva”. E aggiunge con malcelato disprezzo parlando dei corrispondenti: “Lottavano per ottenere una confidenza ufficiosa o il favore di un’intervista con il dittatore”. Come diceva il fondatore di Le Monde Hubert Beuve-Méry, il giornalismo è “il contatto e la distanza”. A quanto pare, molti corrispondenti stranieri a Berlino negli anni 30 dimenticarono la seconda parte del principio. Lo stesso rischio è attuale oggi.