INGELHEIM AM RHEIN – Angela Merkel è sotto accusa: molti europei e molti tedeschi le rimproverano un atteggiamento troppo passivo dinanzi a una crisi dall’impatto dirompente. Chiedono aiuti a favore dell’economia; finora senza successo. I politici rumoreggiano, gli imprenditori mugugnano. Non tutti però: Alessandro Banchi, presidente del gigante farmaceutico renano Boehringer Ingelheim, è convinto che il cancelliere tedesco abbia ragione.
Banchi, 62 anni, dice che vi sono differenze tra l’aiutare il mondo bancario e il sostenere l’industria con misure straordinarie a carico della comunità: “Capitalizzare le banche è indispensabile in questo momento: il fallimento di un istituto di credito danneggerebbe tutto il Paese. Ne va del sistema circolatorio della società e dell’economia. Diverso invece è aiutare l’industria, da quella automobilistica a quella aeronautica: il pericolo è di creare una catena di richieste di drogare l’economia e di far aumentare ulteriormente il debito dello stato”. Il presidente di Boehringer Ingelheim, un italiano di Firenze alla guida della società renana dal 2004, è convinto che la maggioranza degli imprenditori tedeschi condivida il suo ragionamento. “Trovare scorciatoie fuori da una situazione come questa può essere controproducente: rischiamo di introdurre il seme della prossima crisi, nello stesso modo in cui all’inizio degli anni duemila bassi tassi d’interesse hanno contribuito a una bolla immobiliare negli Stati Uniti”.
Una delle ipotesi sul tappeto è di aiutare i consumi, vuoi attraverso un calo dell’imposta sul valore aggiunto, vuoi con la distribuzione di buoni alle famiglie. “Lei pensa seriamente che in una situazione così incerta una famiglia si impegnerebbe a consumare di più solo perché è stata ridotta l’Iva? – chiede Banchi –. La mia impressione è che il denaro verrebbe solamente risparmiato, tanto è forte l’incertezza sul futuro”. La paura del dirigente di Boehringer Ingelheim – 40mila dipendenti, 150 filiali in giro per il mondo, 11 miliardi di euro di fatturato e 1,8 miliardi di profitti nel 2007 – è di assistere a un ritorno dello Stato nell’economia: “Credo che in alcuni Paesi il desiderio della classe politica di rimettere le mani sull’economia sia forte. Ma non credo che alla società convenga che lo Stato torni a produrre panettoni. In questo senso, la Germania è una voce di rigore che non mi sembra poi così criticabile”.
Banchi è quindi convinto che nella situazione attuale le imprese debbano assorbire l’impatto della recessione: “Si migliora, si ristruttura, si sopravvive”. Ma dinanzi al rischio di depressione e di deflazione non bisognerebbe forse introdurre misure d’emergenza? “Ho messo a punto il mio budget dell’anno prossimo in vista di una nevicata più abbondante del solito, non in vista di un terremoto, per il quale francamente è difficile prepararsi”. Dal suo posto di osservazione, il dirigente di Boehringer Ingelheim per ora non vede segnali di deflazione o di depressione, anche perché a differenza degli anni 30 sono nate nuove economie emergenti: “La domanda dei Paesi emergenti è calata, non c’è dubbio, ma la Cina, dove cresciamo del 20% all’anno, continuerà a modernizzarsi nei prossimi anni. In Russia, dal 2000 le nostre vendite sono triplicate se non quadruplicate”.
Sembra (quasi) impossibile strappare a Banchi una critica della signora Merkel. Ammette però che il Governo tedesco è stato lento a capire la gravità della crisi bancaria: “Forse perché quando un Paese viene da un momento particolarmente buono fa fatica a vedere i problemi”. E sull’incapacità della Germania a prendere la leadership europea in questo frangente? “E’ vero: forse ha sopravvalutato la sua forza e pensato di non avere bisogno dell’Europa”. Crede che il Paese potrebbe a un certo punto cambiare politica economica, magari con una riduzione delle imposte, per ora escluso? “Ammetto che è una possibilità. Dipenderà anche dall’andamento dei sondaggi da qui alle elezioni del settembre 2009. Per ora, i democristiani della signora Merkel hanno dieci punti di vantaggio sui socialdemocratici. Se l’Spd dovesse crescere negli studi demoscopici, il cancelliere potrebbe cambiare strategia”.