Dietro alle giornate convulse di questi giorni sui mercati finanziari si nasconde un problema che forse proprio la crisi creditizia contribuirà a risolvere: la vigilanza bancaria, che nonostante il mercato unico e istituti di credito sempre più europei rimane decentrata, affidata a enti nazionali chiamati a collaborare il più possibile tra loro in due diversi comitati. Il primo è il Comitato di Sorveglianza Bancaria che fa capo alla Banca centrale europea (BSC); il secondo è il Committee of European Banking Supervisors (CEBS). In questi giorni, il BSC sta tenendo una teleconferenza giornaliera. L’organismo è l’ambito nel quale banche centrali ed enti di vigilanza dell’Unione discutono della situazione di mercato, scambiandosi informazioni e facendo regolarmente il punto macroeconomico sulla stabilità del settore finanziario. Responsabile degli aspetti micro è invece il CEBS, il comitato che raggruppa le circa 40 autorità di sorveglianza bancaria dell’Unione. Anche in questo ambito la collaborazione si è intensificata nelle ultime settimane. Chi partecipa ai lavori ha notato un salto di qualità evidente nella cooperazione e nello scambio di informazione. Il CEBS, che ha sede a Londra, appare assai più attivo dell’anno scorso, quando scoppiò la crisi creditizia e l’organismo non fu neppure contattato in occasione della vicenda Société Générale.
Sotto alla pressione degli eventi le autorità nazionali hanno dimostrato maggiore responsabilità, sostengono esponenti del grande mondo della vigilanza bancaria europea. Detto ciò, molti addetti ai lavori restano cauti. I salvataggi in extremis di Fortis o di Dexia non sono stati un vero test per l’attuale sistema decentrato di vigilanza creditizia. È vero che a intervenire insieme sono stati ben tre governi, ma a facilitare una soluzione sono state le vicinanze linguistiche e culturali tra il Benelux e la Francia. La preoccupazione è che casi culturalmente meno omogenei siano più difficili da rilevare e da risolvere. Addirittura c’è chi sostiene che il calo in Borsa di UniCredit negli ultimi giorni sia almeno in parte da attribuire proprio a un sistema di vigilanza bancaria decentrata, che per un istituto presente in 23 Paesi non darebbe agli investitori sufficienti garanzie. La Commissione Europea ha presentato nei giorni scorsi misure per rafforzare la collaborazione tra enti nazionali. Purtroppo entreranno in vigore nel 2010. Apparentemente è il massimo possibile in questo momento, anche per colpa della Germania. I tedeschi non vogliono sentir parlare di una vigilanza paneuropea. In parte ne temono gli aspetti burocratici; in parte vi è anche il timore che un ente sovranazionale possa mettere il naso negli istituti di credito tedeschi e magari diventare un nuovo grimaldello in mano all’Europa per "aprire" il mercato bancario pubblico (che rappresenta il 50% dei depositi). La scelta tedesca è criticabile. Non solo perché l’Europa corre un rischio enorme a non avere una vigilanza centralizzata, ma anche perché lo stesso sistema creditizio tedesco potrebbe trarne giovamento. Se oggi molte banche tedesche sono nell’occhio del ciclone è anche perché la sorveglianza bancaria in Germania è poco indipendente, vittima dei conflitti d’interesse creati da un settore creditizio in larga parte controllato dalla classe politica.