Sappiamo che la recente presentazione da parte della Commissione europea di un complesso pacchetto di provvedimenti legislativi tutti tesi a ridurre le emissioni nocive del 55% da qui al 2030 ha provocato reazioni negative, soprattutto dall’industria che teme di pagare il costo di una rivoluzione ecologica molto ambiziosa.
L’iniziativa – nota con il nome di Fit for 55 – comprende tra le altre cose nuove imposte sui carburanti più inquinanti, incluso il kerosene per gli aerei; l’estensione dell’attuale mercato delle emissioni nocive ai settori marittimo e aeronautico; la nascita di un nuovo mercato delle emissioni nocive per il settore edile e il trasporto su strada; nuovi impegni per aumentare la quota delle fonti rinnovabili nella produzione di elettricità; il divieto di mettere su strada auto inquinanti dal 2035 in poi.
Sappiamo altresì che lo stesso collegio dei commissari, al momento dell’approvazione delle proposte legislative, si è diviso. Un commissario ha votato contro, più che altro per motivi di cucina interna; e altri sei commissari hanno espresso riserve: un popolare, due liberali, tre socialisti. Tre in fin dei conti le preoccupazioni: costi sociali elevati, impegni aziendali eccessivi, rischi per la coesione regionale. Inevitabilmente queste considerazioni influenzeranno le trattative tra Consiglio e Parlamento.
C’è di più. Secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, vi è malumore per come sia la presidente Ursula von der Leyen che il vicepresidente Frans Timmermans, responsabile per le questioni ambientali, hanno gestito il pacchetto legislativo. Molti commissari si sono lamentati nel corso della preparazione dei provvedimenti perché non sono stati tenuti adeguatamente informati dal gabinetto Timmermans.
Alla signora von der Leyen è stato rimproverato di avere dato interviste ad alcuni giornali prima ancora che si fosse tenuta la riunione del collegio in cui le proposte legislative sono state approvate. Alcuni esponenti comunitari hanno avuto l’impressione che l’ex ministra della Difesa tedesca abbia imposto il suo punto di vista o comunque snaturato il dibattito in collegio.
In politica, recriminazioni e critiche sono nell’ordine delle cose e vanno prese con le pinze. Peraltro, la questione ambientale è sempre stata delicata. Tradizionalmente suscita tensioni. Trovare il giusto equilibrio tra gli interessi dell’economia e le necessità dell’ecologia è particolarmente difficile.
Ciò detto, come non ammettere che il pacchetto-clima è giunto in un momento molto particolare della vita politica europea? Complici la pandemia virale e le catastrofi naturali, il ruolo dei partiti ambientalisti sta crescendo in molti paesi dell’Unione europea, da un lato mettendo in difficoltà la sinistra tradizionale e dall’altro esortando i partiti conservatori a rinnovarsi.
Conosciamo le origini della signora von der Leyen: è tedesca ed è democristiana. A due mesi dalle prossime elezioni federali come non pensare che veda nella strategia del Green Deal un modo per rafforzare l’immagine verde della CDU e accreditarne l’impegno ecologista? In Germania, i Verdi sono ormai il secondo partito nei sondaggi, dietro ai democristiani. Nel gioco delle coalizioni dopo il voto di settembre, l’ipotesi di una alleanza Verdi-CDU è una realistica alternativa a una intesa Verdi-Socialdemocratici-Liberali.
E il socialista olandese Frans Timmermans? Nel Parlamento europeo, il confronto tra socialisti e verdi è asprissimo. Nelle ultime elezioni del 2019, gli ecologisti hanno ottenuto 74 seggi, i socialisti 154 seggi. Nella precedente legislatura i seggi erano rispettivamente 52 e 185. Lo stesso confronto lo osserviamo in altri paesi. In Olanda, il partito del vicepresidente della Commissione europea, il PvdA, oscilla nei sondaggi intorno al 5,7%, i Verdi del GL intorno al 5,2%.
C’è il desiderio dei socialisti di apparire particolarmente ambientalisti pur di attirare voti che altrimenti andrebbero ai Verdi. Anche in Francia, gli ecologisti sono ormai più forti dei socialisti (nei sondaggi per le presidenziali l’ambientalista Yannick Jadot ottiene il 7% delle intenzioni di voto; la socialista Anne Hidalgo il 6%). Le ultime recenti catastrofi naturali in Germania e Belgio rischiano di rafforzare la sensibilità verde nell’elettorato europeo.
In buona sostanza, il pacchetto-clima non è solo la strategia per raggiungere gli obiettivi climatici che si è data l’Europa. È anche uno strumento politico su una scena elettorale scombussolata.
(Nella foto tratta da Internet, Ursula von der Leyen, 62 anni, e Frans Timmermans, 60 anni)