C’è improvvisamente grande ottimismo sullo stato dell’economia europea e italiana. Nel fine settimana, parlando a La Repubblica, il ministro per la pubblica amministrazione Renato Brunetta ha affermato: “Ho la sensazione, anzi è più che una sensazione, che siamo alla vigilia di un nuovo boom economico”. L’ufficio studi di Confindustria parla invece di “un lungo sentiero stretto di risalita dopo la crisi”.
Meno ottimisti invece sono alcuni osservatori internazionali, tra i quali Claudio Borio, a capo del dipartimento economia e politica monetaria della Banca per i regolamenti internazionali, lo stesso che ricevette le lodi di Tommaso Padoa-Schioppa, ormai 15 anni fa, per avere preannunciato prima di molti altri lo sconquasso finanziario del 2008.
In un articolo pubblicato nei giorni scorsi per il centro-studi SUERF (The European Money and Finance Forum), l’economista italiano e il collega thailandese Piti Disyatat mettono l’accento su alcuni preoccupanti aspetti dell’attuale situazione, al netto di una premessa: allo shock economico provocato dalla pandemia fu indispensabile rispondere con un generoso sostegno pubblico (Monetary and Fiscal Policy: Privileged powers, entwined responsibilities, SUERF, Maggio 2021).
In buona sostanza, fanno notare come in questo momento né la politica di bilancio né quella monetaria siano sostenibili nel tempo, in altre parole né l’una né l’altra hanno sufficienti margini di manovra per reagire a situazioni impreviste. Peggio: “Né l’una né l’altra possono svolgere efficacemente la loro funzione se l’altro è fuori posto”.
Ormai il debito pubblico è a livelli superiori a quelli della Seconda guerra mondiale. Nel frattempo, il costo del servizio del debito è ai minimi storici per via di un costo del denaro vicino allo zero. Il paradosso è eclatante: seppur pesantissimo, il debito risulta leggerissimo. Ciò significa, tra le altre cose, che le finanze pubbliche sono molto sensibili a qualsiasi cambiamento dei tassi d’interesse.
Secondo i due economisti, non vi è mai stato nella Storia, da quando esistono serie statistiche, un momento in cui i tassi d’interesse nominali siano stati così bassi e i tassi d’interesse reali siano stati negativi per così tanto tempo. Il rischio è di cadere nella trappola dell’instabilità: tassi bassi incitano a nuovo debito, che nel contempo complicano qualsiasi rialzo del costo del denaro.
Su tutti i fronti il debito pubblico è aumentato. Vive di debito l’Italia, dove lo stock di indebitamento è pari ormai al 160% del prodotto interno lordo; ma anche l’Europa, attraverso il nuovo Fondo per la Ripresa (750 miliardi di euro presi a prestito sui mercati) e la stessa Banca centrale europea, che da anni ormai finanzia debito pubblico e privato, acquistando obbligazioni sui mercati. D’altro canto, anche il debito privato è aumentato: secondo il Fondo monetario internazionale, dal 134 al 144% del prodotto interno lordo mondiale tra il 2007 e il 2019.
Insomma, siamo dinanzi a una vera ripresa o a un mero rimbalzo? Al di là delle difficoltà in cui si trovano politica monetaria e politica di bilancio, e dalle quali si uscirà possibilmente con inflazione o ristrutturazione, l’esperienza storica ci segnala che la crescita economica in momenti di indebitamento elevato non può che essere frenata, tanto più se non si sono pienamente cicatrizzate le ferite provocate dalle crisi precedenti.