Quando la pandemia rivela le debolezze della governance europea (così voluta dai governi)

L’Europa e in particolare la Commissione europea sono (nuovamente) sul banco degli imputati. All’Unione europea vengono attribuiti i ritardi delle case farmaceutiche, i dubbi sulla sicurezza di alcuni vaccini, la lentezza a vaccinare la popolazione europea. Ha detto ultimamente il segretario della Lega, Matteo Salvini: “Pretendiamo risposte chiare, pretendiamo che qualcuno a Bruxelles paghi per gli errori fatti perché qualcuno ha sbagliato e ci va di mezzo la vita di milioni di persone”.

La situazione sta mettendo in luce le fragilità della governance comunitaria.

La crisi sanitaria provocata dal virus ha colto in fallo l’assetto istituzionale europeo. L’Europa è un mercato unico, che condivide in alcuni paesi la stessa moneta e la stessa politica monetaria, e che garantisce la libera circolazione delle persone e delle merci. Eppure, in un campo, la competenza nazionale rimane ferrea: la sanità. La stessa Agenzia europea dei medicinali (EMA)  è nei fatti un organismo confederale che raggruppa le autorità nazionali.

Quando è scoppiata la pandemia virale all’inizio del 2020, l’Europa si è trovata impreparata, stretta fra crisi europea e competenze nazionali. Pur di evitare una corsa ai vaccini che avrebbe creato tensioni tra i paesi membri, i Ventisette hanno dato mandato in tutta fretta alla Commissione europea di trattare in nome loro con le case farmaceutiche l’acquisto di futuri vaccini.

Bruxelles ha fatto del suo meglio per negoziare in un campo, quello della salute, che i Trattati non le affidano, ma ha peccato nel seguire passo passo il rispetto degli accordi con le case farmaceutiche, mentre alcune società si dimostravano poco ligie nel rispettare i contratti. Forse non poteva essere altrimenti.

La Commissione europea è una istituzione prevalentemente regolamentare. La guida è politica, ma l’expertise dell’amministrazione è tecnica. I suoi comitati di esperti sono bravi a dissecare i problemi e a seguire le procedure, ma non a gestire l’esposizione politica provocata da una crisi come quella scatenata dall’epidemia. Non si può chiedere all’esecutivo comunitario di agire da soggetto terzo rispettando nel contempo le sensibilità politiche di tutti i Ventisette.

file72jutfo6xn9g4skvnrlLe gaffes e altri scivoloni si sono moltiplicati in queste settimane. Nei giorni scorsi, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha accusato l’Europa di avere messo a punto un “meccanismo ingiusto” di distribuzione dei vaccini, che nei fatti avrebbe favorito alcuni paesi a danno di altri. Il comitato di esperti nazionali che coadiuva la Commissione europea nel rapporto con le case farmaceutiche è stato definito “un bazar”.

In effetti durante il negoziato, il metodo della distribuzione prorata, a seconda della popolazione di ciascun paese, è stato abbandonato quando si è trattato di redistribuire il sovrappiù. Il cancelliere Kurz ha dimenticato di dire che il rappresentante austriaco nel comitato tecnico aveva respinto una parte delle dosi che spettavano al suo paese, probabilmente per paura di non avere sufficienti impianti di refrigerazione.

A molti qui a Bruxelles, le critiche del giovane e irruente uomo politico sono sembrate pretestuose, il tentativo di spostare l’attenzione da Vienna verso Bruxelles, preoccupato che le sorprendenti scelte del rappresentante austriaco – in un momento di lentezza delle vaccinazioni anche in Austria – potessero provocare un danno d’immagine al governo Kurz.

Poco importa. La vicenda è l’ennesimo segnale di come la gestione europea in questo frangente sia fragile. Paradossalmente, la crisi debitoria aveva mostrato meno difficoltà sotto questo profilo perché era presente un elemento federale più forte. Lo sconquasso finanziario era europeo, i bilanci erano nazionali; ma la moneta unica e la politica monetaria erano condivise dai paesi membri. Nella crisi sanitaria, l’elemento federale è il mercato unico, ma non ha lo stesso peso istituzionale.

In buona sostanza, le colpe in questo caso non sono tanto “dell’Europa”, come usano dire molti leader sovranisti che sembrano  approfitare dell’occasione per saldare alcuni conti, quanto dell’assetto europeo creato dagli Stati membri. Si capisce meglio perché la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen abbia proposto una unione della sanità. Tradizionalmente gelosi di questa competenza, gli stati membri dovranno accettare di trasferirla almeno in parte al centro se vogliono evitare nuove, imbarazzanti e pericolose tensioni su questo fronte.

(Nella foto, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, 34 anni, in una immagine d’archivio con la cancelliera tedesca Angela Merkel)

  • habsb |

    dr. Romano

    una delle cause del sostanziale rifiuto delle attuali istituzioni europee da parte di larghissimi strati della popolazione europea è l’assoluta impunità dei suoi leader.
    Qualsiasi siano gli errori, e le negligenze commesse, essi restano inchiodati alle loro auguste poltrone, e non vi è mai nemmeno un tentativo di messa in accusa, inchiesta o simili.

    Prendiamo la gestione dei vaccini. Era in estate il momento di agire, negoziare con i laboratori, firmare contratti e pagare. E’ quello che ha fatto Israele, dove oggi il 52% degli abitanti ha ricevuto le 2 dosi di vaccino prescritte.
    Negli USA, grazie all’ottimo lavoro dell’amministrazione Trump, siamo al 13% primo valore fra i grandi paesi.

    In Europa ? Ricordo che il primo contratto, valido per un piccolo numero di vaccini assolutamente insufficiente, è stato firmato solamente a metà novembre. Perche’ questo ritardo criminale ? Non si possono certo invocare le regolamentazioni : in USA sono altrettanto pesanti e farraginose.
    Secondo “Der Spiegel” la Commissione avrebbe in un primo tempo privilegiato una fornitura di vaccini del francese Sanofi, con cui avrebbe firmato un maxi contratto molto prima che con Pfizer o Astrazeneca.
    Ma quando a novembre divenne chiaro che Sanofi non riuscirà ad avere un vaccino prima del 2022, allora è stato giocoforza andare a Canossa da Pfizer e Astrazeneca e firmare un contratto, per un quantitativo modesto di vaccini (avendo già speso molto con Sanofi), e sperando i guadagnare tempo per fare poi il grosso delle vaccinazioni nel 2022 con Sanofi.

    Ovviamente quando si firma per ultimi, (e su una piccola quantità) non si puo’ ricevere i vaccini per primi: la priorità dei laboratori è contentare i cienti che hanno pagato prima e per più forti volumi, l’Europa viene dopo.

    Il risultato di questo terribile e colpevole errore è una mancanza cronica di vaccini sul continente: la situazione peggiore è in Francia, dove sono stati vaccinati (con le due dosi) solamente il 3% degli abitanti, e l’inverno è stato particolarmente duro per i malati e morti del Covid (quando il vaccino sarebbe disponibile da mesi – beffa crudele per chi è morto di Covid). Germania e Italia sono appena superiori con il 4% di vaccinati.
    Perfino Marocco e Turchia ci surclassano con 6% di vaccinati, ad onore di una classe politica criticata ma oggettivamente superiore (nella gestione Covid) alla Commissione Europea.

    Ora chiedo: dov’è un’inchiesta a carico della Comissione Europea per la sua fallimentare gestione dell’acquisto dei vaccini ?
    In Norvegia si chiede al primo ministro di dimettersi per una festa di compleanno con più di 10 invitati.
    Come punire von der Leyen, che ha perso mesi preziosi per concludere l’acquisto di vaccini che avrebbero potuto salvare decine di migliaia di europei ?

  • carlc |

    L’U.E. è e rimane un’unione con la “u” minuscola…Basta far riferimento all’eufemismo “…rispettare le diverse sensibilità politiche dei 27…”. Com’è possibile farlo, essendo l’equivalente della quadratura del cerchio ed altre amenità del genere? Speriamo che l’U.E non debba far fronte ad avversità ben più impegnative perchè trionferebbe lo slogan salottiero:” Dio per tutti e ognuno per s.è…” , ammesso e tutt’altro che concesso che “l’ognuno per sè” fosse possibile.. Ma fino che non lo si sperimenterà (ahinoi) non c’è nulla da fare.

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