In generale alla diplomazia italiana, il presidente francese Emmanuel Macron piace poco, per almeno due motivi. Il primo motivo è che l’uomo politico ha programmi ambiziosi per il suo governo. E’ arrivato al potere nel 2017 con un piano di riforme economiche che è ormai sul punto di ultimare. Per l’Italia, una Francia che si riforma è un inevitabile e imbarazzante pungolo nel fianco, mentre il paese continua imperterrito a promettere senza successo una diminuzione del debito pubblico.
Il secondo motivo è legato al fatto che l’uomo mette in pratica una politica europea ambigua, europeista di maniera, più spesso neogollista. Eppure, Emmanuel Macron è una ventata di aria fresca. I suoi discorsi sono densi, fanno riflettere, e hanno una profondità storica e una ampiezza di veduta che proiettano una ombra di drammatico imbarazzo sui discorsi retorici, cerimoniosi e dozzinali della classe politica di altri paesi.
Il presidente francese ha parlato venerdì 7 febbraio dinanzi ai cadetti della Scuola di Guerra, una istituzione nata nel 1873, dopo la sconfitta nella guerra franco-prussiana, e che ha sede a Parigi nella vecchia Ecole militaire fondata nel 1750 da Luigi XV. Dedicato alla forza nucleare francese, il discorso apre le porte a una condivisione della force de frappe a livello europeo. Dopo che Berlino ha accettato di condividere la forza del Deutschemark, creando l’euro, molti hanno spesso notato che sarebbe ora toccato a Parigi condividere le sue testate nucleari.
Il discorso della settimana scorsa è solo un primo passo. Ha detto Emmanuel Macron: “Le nostre forze nucleari hanno un ruolo dissuasivo, in particolare in Europa. Rafforzano la sicurezza in Europa per via della loro mera esistenza e in questo senso hanno una dimensione autenticamente europea (…) Vorrei che si sviluppasse un dialogo strategico con i nostri partner europei sul ruolo della dissuasione nucleare francese nella nostra sicurezza collettiva”.
“I partner che lo vorranno potranno essere associati agli esercizi delle forze di dissuasione francesi (…) Il dialogo strategico e gli scambi contribuiranno naturalmente allo sviluppo di una vera cultura strategica europea”. Mai finora alcun presidente francese si era espresso in modo così promettente su un futuro comunitario della force de frappe. Nicolas Sarkozy aveva fatto trapelare sulla stampa durante la sua presidenza (2007-2012) la possibilità di condividere l’arma nucleare con la Germania, ma mai ne parlò in modo così esplicito, tanto che l’idea svanì molto rapidamente.
In questo senso, il discorso di Emmanuel Macron è notevole.
Nel contempo, tuttavia, il Capo dello Stato non ha parlato di delegare l’uso della force de frappe a una qualche forma di processo decisionale europeo. Anzi, ha ribadito più volte il ruolo della sovranità francese: “Perché la Francia sia all’altezza della sua ambizione europea, all’altezza anche della sua storia – ha detto dinanzi ai cadetti dell’Ecole de Guerre – deve rimanere sovrana o decidere essa stessa, senza subirli, i trasferimenti di sovranità che decidesse nel caso di accettare”.
“Questa volontà di sovranità nazionale – ha poi argomentato – non è assolutamente incompatibile con la nostra volontà di sviluppare capacità europee, direi anzi che è un prerequisito indispensabile. Si coopera meglio quando si decide in piena sovranità di cooperare”.
La diplomazia italiana potrebbe legittimamente chiedersi a questo punto cosa voglia realmente Emmanuel Macron. E’ pronto a condividere la force de frappe? E se sì, mantenendone però il controllo a Parigi? Nel leggere il discorso prevale una reazione di cautela. Così come è prevalsa la cautela a Berlino, anche per via di una allergia della classe politica tedesca per l’arma nucleare. Anche se in ultima analisi la Germania dovrà chiedersi se sia meglio vivere sotto la protezione americana o francese.
Ancora una volta potremmo pensare che Parigi coltiva una visione europea ad immagine somiglianza della Francia. E’ ben possibile, ma nell’aprire la porta a una collaborazione comunitaria, Emmanuel Macron tende una mano e prende un rischio, il rischio di aprire un dibattito il cui esito potrebbe rivelarsi assai più comunitario di quanto oggi non emerga dal discorso all’Ecole de Guerre.
(Nella foto tratta dal sito del Palazzo dell’Eliseo, il presidente francese Emmanuel Macron a Parigi venerdì 7 febbraio 2020)