Ma perché agli italiani piace vivere sovratassati, sovraindebitati e inquinati? La domanda mi è stata posta, più o meno in questi termini, da un giornalista francese. A tutta prima, mi è sembrata una provocazione. Poi riflettendoci il quesito mi è sembrato legittimo. Vista dall’esterno, l’Italia sta difendendo a Bruxelles posizioni curiose e paradossali. Cominciamo dalle banche.
La Banca centrale europea ha presentato un pacchetto per imporre una riduzione dei crediti in sofferenza attraverso maggiori accantonamenti. L’obiettivo è di evitare una nuova crisi bancaria che avrebbe nuove negative ripercussioni sull’economia e la società. L’Italia non ne vuole sentir parlare, nonostante abbia sofferenze lorde per circa 200 miliardi di euro (pari al 12% del totale dei crediti, rispetto a una media europea del 4%). Teme che le nuove misure possano pesare sulla ripresa economica e sulla redditività delle banche. Il ragionamento non convince le autorità comunitarie, che notano come bilanci più sani permetterebbero agli istituti di credito di contribuire al benessere di famiglie e imprese, oltre che di prepararsi a una eventuale nuova crisi bancaria. C’è di più. Come non pensare che l’elevato ammontare di crediti in sofferenza non contribuisca agli elevati costi di gestione degli istituti di credito?
Secondo gli ultimi dati dell’Autorità bancaria europea, l’Italia è tra i paesi ad avere le banche più costose d’Europa. Guardiamo al rapporto tra costi e reddito: era del 56% nel giugno del 2017, addirittura del 75% nel dicembre del 2016. Il calo è da attribuire alle riforme introdotte in questi mesi, anche su pressioni europei: la ricapitalizzazione del Monte dei Paschi di Siena, condizionata a una riduzione dei costi; la liquidazione delle banche venete in crisi; la ristrutturazione di UniCredit. Nel criticare la strategia europea tutta dedicata alla riduzione delle sofferenze creditizie, l’Italia difende nei fatti elevati costi di funzionamento. Un atteggiamento tanto più sorprendente poiché negli scorsi anni le stesse banche hanno rivelato di avere venduto a migliaia di risparmiatori titoli di cattiva qualità (tornano in mente i Tango Bonds argentini di inizio secolo). L’operazione ha costretto la mano pubblica ad intervenire con il denaro dei contribuenti per salvare alcuni istituti di credito. Sorprendente che un eurodeputato del Movimento Cinque Stelle, Marco Valli, abbia parlato in una audizione parlamentare qui a Bruxelles di “accanimento” della vigilanza bancaria europea nei confronti delle sofferenze creditizie italiane.
Il secondo ambito nel quale l’Italia difende posizioni curiose è quello dei conti pubblici. Il governo Gentiloni sta dando battaglia per evitare un risanamento troppo ambizioso nel 2018, chiedendo nuova flessibilità di bilancio. Il paese continua ad essere caparbiamente sovraindebitato, ben oltre il 130% del prodotto interno lordo. Poco importa se il conto verrà pagato da figli, nipoti e pronipoti. Poco importa se l’elevato debito impedisce investimenti produttivi nella scuola, nelle infrastrutture, nella cultura, nell’innovazione e in generale in un migliore benessere, apparentemente per noi è meglio essere indebitati e sovratassati, per di più accettando dubbi balzelli, come quella relativa alla TARI (la TAssa sui RIfiuti). Molti comuni avrebbero aumentato il livello d’imposizione, apparentemente sviati dal testo di una legge ambiguo e mal scritto. Il gettito fiscale rispetto al prodotto interno lordo era nel 2015 del 43,2% in Italia, del 38,6% in Germania, del 33,9% in Spagna e del 45,9% in Francia. Se la tassazione in Italia è elevata, non è (solo) perché lo Stato è inefficiente, tra le altre cose nella raccolta fiscale da parte dell’erario. Imposte elevate sono necessarie per sostenere un debito pubblico, volano delle molte clientele nazionali, che rimane a sua volta altissimo, anche grazie alle permanenti richieste di flessibilità di bilancio.
Il terzo campo nel quale l’Italia assume posizioni curiose è quello ambientale. Negli ultimi giorni, la Commissione europea ha presentato nuove misure per ridure le emissioni delle auto. Nel contempo, Parlamento e Consiglio hanno trovato un accordo per riformare la Borsa delle emissioni nocive (ETS: Exchange Trading System). Nei due casi, molti hanno protestato perché il nuovo meccanismo creerebbe distorsioni di mercato o perché troppo ambizioso. L’Italia è in buona compagnia in questo caso. Ciò detto, il paese è anche tra quelli che più a che fare con la Commissione europea nell’affrontare procedure di infrazione in campo ambientale. In maggio, il paese aveva pagato fino ad allora multe per quasi 250 milioni di euro per via di discariche abusive e di direttive violate. Una maggiore lucidità dovrebbe indurre il paese a essere in prima fila nel difendere le misure ambientali proposte da Bruxelles.
A conti fatti, la domanda del giornalista francese non sembra del tutto peregrina. La posizione italiana di difesa di un imbarazzante status quo in molti settori è da attribuire al disperato tentativo di difendere un assetto sociale nel quale dominano il clientelismo, il corporativismo e il familismo, illudendoci di preservare una prosperità che stiamo rapidamente perdendo e contribuendo nei fatti a una terribile disoccupazione giovanile. Inoltre, continuiamo pervicacemente a considerare in modo diverso ciò che è pubblico e ciò che è privato, con una preoccupante doppia moralità.
Gestiamo con cura la nostra azienda e le nostre proprietà, ma approfittiamo delle debolezze strutturali del sistema bancario, applicandone dannosamente le logiche clientelari o familistiche. Risparmiamo come pochi popoli al mondo, ma riteniamo che il debito pubblico appartenga ad altri e lasciamo che l’indebitamento veleggi a livelli altissimi, ignorando quanto in fondo possa pesare sui bilanci di famiglie e aziende. Abbiamo case pulite, spesso rifinite con un gusto che il mondo ci invidia, ma inquiniamo fuori dall’uscio con sorprendente noncuranza. In un mondo sempre più competitivo e in una Europa sempre più integrata, a molti osservatori stranieri l’Italia appare così incredibilmente isolata e anacronistica.
(Nella foto: la sede nazionale del Partito democratic, in via del Nazareno a Roma, ospita una filiale del Monte dei Paschi di Siena)
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