Concentrazione dei media: La sindrome di Alfred Hugenberg

Qualche giorno fa il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva un regolamento dedicato alla libertà di stampa. L’obiettivo è di lottare contro la disinformazione, la sorveglianza illegale dei giornalisti, e ottenere maggiori informazioni sulla proprietà degli organi di stampa. Verrà creato un nuovo organismo che raggrupperà le autorità nazionali responsabili di garantire la libertà della stampa e di prevenire deleterie concentrazioni di potere.

Secondo l’ultima classifica mondiale di Reporters sans Frontières, i paesi con la stampa più indipendente si trovano nel Nord Europa: la Svezia, la Finlandia, l’Irlanda, l’Olanda. La situazione nel Sud è assai più degradata. La Francia è al 24mo posto, la Spagna al 36mo, l’Italia al 41mo, la Grecia al 107mo.

Vi sono paesi dove il giornalismo è ritenuto una missione d’interesse pubblico, dove l’imparzialità e l’indipendenza sono obiettivi condivisi, dove curiosità ed equilibrio sono i pilastri della stampa e dove i gruppi di pressione sono tenuti orgogliosamente a distanza. Molto ha a che vedere con l’assetto proprietario, oltre che con la cultura nazionale.

Nei paesi del Nord, al di là di una chiara differenza fra cronaca, analisi e commento, tra la redazione e la proprietà c’è una frontiera tenuta, armi in pugno, da una fondazione chiamata a gestire il giornale in modo indipendente.

Proprio lo strumento della fondazione fu la pietra miliare sulla quale i tedeschi alla fine della Seconda guerra mondiale rifondarono il loro sistema d’informazione dopo che durante la dittatura nazista i giornali erano per lo più asserviti al regime. Lo stesso Adolf Hitler aveva potuto contare sullo spirito di iniziativa di un imprenditore fedele.

Alfred Hugenberg era nato a Hannover nel 1865. Figlio di un membro del parlamento prussiano, studiò legge a Gottinga, Heidelberg e Berlino. Dopo un percorso dirigenziale alla Krupp, il produttore di armi, dal 1916 in poi iniziò a costituire un Konzern di imprese tutte attive nel mondo dell’informazione, del cinema e della pubblicità.

Mentre Hugenberg nel 1918 entrava in parlamento nelle file del conservatore Deutschnationale Volkspartei (DNVP), il Hugenberg-Konzern diventava sempre più importante, fino a giocare un ruolo evidente nel sostenere l’arrivo al potere del Führer.

Leggo in un articolo intitolato “La Germania ha un imperatore della pubblicità” e pubblicato il 29 maggio del 1927 dal New York Times: “Quando Herr Hugenberg alza la bacchetta le melodie marziali del nazionalismo tedesco possono essere suonate in tutti i registri”.

Nel 1933, l’uomo d’affari diventò ministro dell’Economia, dell’Agricoltura e dell’Alimentazione nel primo governo Hitler. Alla fine di quell’anno fu costretto a vendere le proprie aziende ai nazisti. Rimarrà tuttavia membro del Reichstag fino al 1945. Dopo la guerra fu arrestato dai britannici e morì nel 1951 a Rinteln, in Bassa Sassonia.

Il nuovo organismo europeo nato con il regolamento appena approvato a Strasburgo vorrà evitare eccessive concentrazioni di potere nelle mani di singole proprietà (articolo 21). L’obiettivo è di garantire sia libertà di stampa che pluralismo delle opinioni. A tutta prima l’iniziativa può sembrare se non anacronistica forse eccessiva.

Eppure, il tema dell’eccesso di concentrazione è reale. L’uomo d’affari francese Vincent Bolloré, che non nasconde le sue convinzioni politiche, ha creato nel corso degli anni un impero giornalistico che diffonde opinioni spesso conservatrici, se non reazionarie. Ormai controlla tra le altre cose il Journal du Dimanche, la stazione radio Europe 1, la rivista Paris Match, la rete televisiva CNews.

La situazione è fonte di gravi timori. Si temono nuove derive come negli anni Trenta, tanto che in Francia sono stati inaugurati in ottobre gli Stati Generali dell’Informazione. Un comitato è chiamato a presentare un rapporto nel giugno prossimo dopo aver sentito giornalisti, dirigenti d’impresa, cittadini. L’obiettivo è doppio: garantire l’indipendenza dell’informazione e soprattutto ritrovare fiducia nell’informazione.

Scrive il presidente Emmanuel Macron nella lettera in cui ha annunciato l’iniziativa: “La globalizzazione e la digitalizzazione della comunicazione, e quindi dell’informazione, hanno fragilizzato il modello economico dei media tradizionali e comportato una confusione dei contenuti. Questi cambiamenti minacciano l’esercizio della nostra vita democratica e ci inducono a interrogarci sull’adattamento del nostro quadro legale e regolamentare, oggi datato”.

Anche in Italia il tema della concentrazione è d’attualità. È  di questi giorni l’informazione secondo la quale l’agenzia di stampa AGI potrebbe essere acquistata da un gruppo che fa capo ad Antonio Angelucci, un imprenditore romano e deputato della Lega che già oggi è proprietario di tre giornali d’opinione: Libero, Il Tempo e Il Giornale. Il primo di questi tre quotidiani è diretto dall’ex portavoce del governo Meloni, Mario Sechi.

(Nella foto del Bundesarchiv, il primo governo Hitler, 30 gennaio 1933. Alfred Hugenberg è il primo a destra in seconda fila)

 

  • habsb |

    “Secondo l’ultima classifica mondiale di Reporters sans Frontières”
    Mi piacciono queste classifiche sulla libertà di stampa date da un’ONG come RSF, che è finanziata per metà dall’Unione Europea
    Per quanto concerne la libertà di stampa in Francia, si puo’ certo parlare di timori di nuove derive con Bolloré,
    ma sarebbe anche d’uopo ricordare che tutti i media francesi non fanno altro che trascrivere e rielaborare le news diffuse da AFP Agence France Presse, l’agenzia di stato preposta alla pubblica informazione.
    La Tass sovietica non faceva nulla di più.
    Che dire poi della censura dei media filorussi come Russia Today, ?
    Insomma, mi pare che quelle derive che Lei teme, le stiamo già vivendo, in Italia come in Francia, e non certo a causa di Angelucci e Bolloré.

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