Di questi tempi, riprendere in mano il volume di Alexis de Tocqueville (1805-1859) – “L’Ancien Régime et la Révolution”, pubblicato nel 1856 – può essere istruttivo. Spiega molto sui motivi che provocarono la Rivoluzione Francese del 1789 e forse ci aiuta anche a capire meglio il disagio sociale in cui versa oggi la Francia. Tra le altre cose, Tocqueville sostiene che la caduta dell’Ancien Régime avvenne per via della crescente rivalità tra l’aristocrazia e la borghesia.
“La nobiltà francese – scrive l’autore – si ostinava a rimanere separata dalle altre classi (…) La borghesia, con cui aveva tanto temuto di fondersi, si stava invece arricchendo (…) accanto ai nobili, senza di loro e contro di loro. L’aristocrazia non aveva voluto avere i borghesi come soci, né come concittadini, ma troverà in loro dei rivali, presto dei nemici e infine dei padroni”.
Azzardoso naturalmente osare un parallelo con l’attualità, ma nonostante una previdenza sociale sempre generosa, le diseguaglianze sono aumentate molto in questi ultimi due decenni in Francia. La classe media si è assottigliata, ed è cresciuto il divario tra le classi sociali, tra chi ha fatto i propri studi in una grande école e coloro che hanno compiuto un diverso percorso universitario, tra gli énarques (i diplomati dell’Ecole nationale d’Administration) e il resto della società.
La controversa riforma pensionistica, che propone di portare l’età pensionistica a 64 anni e che da mesi sta scombussolando la vita del paese con scioperi e dimostrazioni, non è ritenuta semplicemente una misura per rimettere in sesto i conti pubblici; bensì è considerata da molti manifestanti come una scelta imposta dall’alto, in particolare da Emmanuel Macron, e che nei fatti allargherà ulteriormente le differenze sociali.
Che destino avrà il presidente Macron: quello di Luigi XVI o di Charles de Gaulle? Mi spiego meglio. Sappiamo che il sovrano fu la vittima più illustre della Rivoluzione Francese, ghigliottinato a Parigi il 21 gennaio 1793 sulla Place de la Révolution, attualmente Place de la Concorde. Del Generale spesso ci dimentichiamo delle scelte che fece nel 1968.
Le manifestazioni studentesche di quell’anno furono contrastate, anche con la forza, dall’allora presidente. Il paese subì tre mesi di clima pre-insurrezionale con il blocco, tra le altre cose, degli approvvigionamenti di benzina e generi alimentari. Alla fine di maggio, il Generale decise di giocare il tutto per tutto e optò per la dissoluzione del Parlamento e per le elezioni anticipate. Il voto gli dette ragione: la maggioranza dell’opinione pubblica voleva girare pagina, e probabilmente condivideva solo in parte le proteste del Maggio 68. Il partito gollista ottenne 294 deputati su 485.
Tuttavia, la vittoria elettorale non fu sufficiente al Generale. L’anno successivo, Charles de Gaulle tentò di dare nuova legittimità al proprio potere, ma fu battuto in un referendum dedicato a un parziale decentramento istituzionale. Il paese aveva deciso che dopo oltre dieci anni di potere gollista aveva bisogno nonostante tutto di cambiare aria.
(Nella foto tratta dal sito del quotidiano Libération, una manifestazione contro la riforma pensionistica venerdì 17 marzo sulla Place de la Concorde)