La guerra in Ucraina e la militarizzazione dell’Unione Europea

Stiamo forse assistendo a una militarizzazione dell’Unione Europea? La domanda è in parte una provocazione, tenuto conto dei limiti posti dai Trattati, che vietano il finanziamento di attività militari con il bilancio comunitario, e dal ruolo sempre dominante della Nato nella difesa del continente. Eppure, in questo ultimo anno, i Ventisette hanno compiuto passi impensabili fino a qualche tempo fa.

Dalla fine del decennio scorso, l’Unione europea aveva deciso di attivare gli articoli 42-46 che permettono forme di cooperazione rafforzate nell’industria della difesa. Il conflitto in Europa dell’Est ha dato il via a una nuova militarizzazione dell’Unione. Mi spiego meglio.

Fin dai primi giorni del conflitto è stato attivato lo European Peace Facility, ossia una posta fuori bilancio proposta da Federica Mogherini nel 2018 e dotata di 5,6 miliardi di euro nel periodo 2021-2027. L’EPF sta rimborsando almeno in parte le armi inviate in Ucraina dai Ventisette. In tutto, finora, il rimborso, molto graduale, è stato minimo – 450 milioni di euro – ma sono già state presentate richieste per otto miliardi di euro, secondo quanto spiegato in un punto-stampa da un funzionario europeo.

In un anno di guerra, l’Unione europea e gli stati membri insieme hanno fornito aiuto militare all’Ucraina – multilaterale e bilaterale – per circa 12 miliardi di euro, su un sostegno totale di 67 miliardi di euro.

Questa prossima settimana, i ministri degli Esteri e della Difesa riuniti qui a Bruxelles dovrebbero approvare la proposta appena presentato dall’Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza Josep Borrell.

Il piano prevede l’utilizzo di altri due miliardi di euro provenienti dall’EFP: un primo miliardo andrà a rimborsare almeno in parte la fornitura di munizioni già nei depositi degli Stati membri, mentre il secondo miliardo sarà utilizzato per incentivare la produzione di nuove munizioni in Europa.

Secondo la proposta, si tratta di chiedere all’Agenzia europea di Difesa (EDA), nata per promuovere il coordinamento tra i paesi membri in ambito militare, di raccogliere le richieste dei governi, e di negoziare a loro nome con le società produttrici il prezzo, la quantità e la tempistica. Non vi sarà appalto per causa di forza maggiore. Vi sono in Europa attualmente 15 società in 11 paesi che producono munizioni da 155 millimetri, quelle maggiormente usate dall’artiglieria ucraina.

Nel contempo, la Commissione europea vuole aumentare la capacità produttiva dell’Unione europea in campo militare, e soprattutto nel settore delle munizioni. Ha detto questa settimana a un gruppo di giornalisti il commissario al mercato unico Thierry Breton: “Gli Stati membri accetteranno di donare le loro scorte solo se avranno una chiara prospettiva di ristoccaggio. Vogliamo quindi ridurre i tempi di consegna e aumentare i volumi di produzione”.

Attualmente, i Ventisette hanno impegnato l’EPF per un totale di 3,6 miliardi di euro. Si discute a livello diplomatico e politico di un ulteriore aumento della posta fuori bilancio, tanto più che funzionari qui a Bruxelles si aspettano una guerra lunga e fanno notare come sul mercato il prezzo degli armamenti abbia subito forti aumenti.

Quando si parla di militarizzazione dell’Unione Europea bisogna anche tenere presente le nove missioni militari attualmente in corso in giro per il mondo. Sul solo fronte ucraino, l’Europa è impegnata nell’addestramento di truppe ucraine.

L’Alto Rappresentante ha sottolineato questa settimana che 11mila soldati verranno addestrati entro fine marzo, e altri 30mila entro fine anno. Sono stati creati due centri di addestramento, in Germania e in Polonia, e 18 paesi membri su 27  stanno offrendo alle truppe ucraine fino a 160 moduli di addestramento.

Nell’arco di pochi giorni, il commissario (francese e liberale) Breton ha esortato l’Europa a dotarsi di una “economia di guerra”, mentre l’Alto Rappresentante (spagnolo e socialista) Borrell ha detto che è urgente avere una “mentalità di guerra”.

A chi crede alla necessità di maggiore integrazione europea, le scelte di questi ultimi mesi non possono che essere apprezzate. Rafforzano evidentemente il peso politico dell’Europa. Al tempo stesso, può seriamente preoccupare che l’Unione partecipi attivamente a una pericolosa corsa al riarmo.

(Nella foto tratta dal sito del settimanale francese Le Point, l’Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza Josep Borrell durante una recente conferenza stampa a Stoccolma)