Questa settimana, martedì 18 marzo, Angela Merkel è stata il primo cancelliere tedesco a parlare davanti alla Knesset, il parlamento israeliano. Il discorso è stato relativamente stringato, 25 minuti, e giustamente solenne. Alcuni deputati hanno disertato l’aula, protestando perché nell’emiciclo dello Stato ebraico la signora Merkel ha parlato in tedesco, la lingua dell’Olocausto. Ma nell’insieme l’intervento – nel quale il leader tedesco ha perorato l’amicizia israelo-tedesca – è stato un successo, applaudito più volte all’inizio e alla fine (nella foto tratta dal sito della Frankfurter Allgemeine Zeitung un momento del discorso). Hanno giocato il fatto che la signora Merkel abbia vissuto per 35 anni nella DDR, un Paese che non riconobbe mai lo Stato ebraico, e soprattutto una promessa: la Germania "non abbandonerà mai Israele – ha affermato solennemente il cancelliere – piuttosto rimarrà sempre un amico e partner leale". Eppure, il discorso ha suscitato nella Repubblica federale qualche dubbio perché troppo allineato sulle posizioni israeliane. La Süddeutsche Zeitung ha spiegato che "i tedeschi devono fare attenzione a non commettere l’errore del presidente George Bush ed essere di parte nel processo di pace. La signora Merkel deve mantenere la sua indipendenza e criticare Israele direttamente per la sua politica di occupazione e di insediamenti. Un vero amico dice la verità".
Dal canto suo, Bild ha sottolineato come l’espressione di piena solidarietà della Germania nei confronti dello Stato ebraico sia pericolosa perché potrebbe un giorno imporre a Berlino di prendere le difese di Israele: "A Gerusalemme, il discorso della signora Merkel non sarà dimenticato. Chi si dice così dichiaramente amico e alleato dello Stato ebraico deve sapere che le sue parole sono prese alla lettera". La Frankfurter Allgemeine Zeitung, invece, ha messo l’accento sui limiti politici e militari della Germania nel difendere eventualmente Israele. E’ certamente un’impresa difficile per un cancelliere tedesco affrontare la Knesset a viso aperto. Tuttavia alcuni osservatori tedeschi hanno espresso cautela o disappunto, memori probabilmente della posizione assunta dal Governo Schröder che nella prima metà del decennio non aveva esitato a criticare (se necessario) la politica israeliana in Medio Oriente, senza per questo rinnegare la Storia tedesca. A questo riguardo, è interessante notare che secondo un sondaggio Emnid pubblicato questa settimana, a 63 anni dalla fine della guerra il 52% dei tedeschi non ritiene di avere particolari responsabilità nei confronti dello Stato ebraico.