SALVADOR – La vista dall’antico palazzo del governatore portoghese, nella città alta di Salvador, lascia senza fiato. E non solo per la bellezza della baia, o per l’imponente ascensore che collega il quartiere di Pelourinho con la cidade baixa o ancora per il forte seicentesco di São Marcelo, a pochi metri dal vecchio mercato. A colpire lo sguardo del visitatore è anche la superficie del mare, puntellata da una moltitudine di porta-container, tutti in attesa di entrare in porto.
Per decenni il Nordeste brasiliano è stata tra le zone più povere del Paese, arretrata rispetto alle regioni ricche e industriali del Sud-Est del Brasile. Oggi Salvador e la regione di Bahia stanno cavalcando con inatteso successo la ripresa economica brasiliana, indifferenti (o quasi) al crescente pessimismo internazionale. Nel 2007, il Prodotto interno lordo regionale ha superato i 100 miliardi di real (circa 41 miliardi di euro).
Nel suo ufficio alla periferia della città, Jacques Santiago, direttore degli investimenti del Centro Internacional de Negócios da Bahia, un ente pubblico di promozione economica, snocciola cifre impressionanti: «Fino a 40 anni fa il cacao rappresentava più o meno il 70% del nostro export: attualmente pesa per appena il 3% del totale», spiega il funzionario, in una stanza gelata dall’aria condizionata (a Salvador è inverno, ma la temperatura non scende sotto i 20 gradi).
«Una prima diversificazione fuori dall’agricoltura verso l’industria pesante è avvenuta negli anni 70 – aggiunge Santiago -; oggi stiamo crescendo nell’industria leggera». La coda di porta-container nel porto di Salvador sorprende meno alla luce dei dati sulle esportazioni di Bahia, regione grande quanto la Francia, ma popolata da appena 14 milioni di persone. Tra il 2002 e il 2007 l’export è aumentato da 2,4 a 7,4 miliardi di dollari.
La crescita è avvenuta più in valore che in volume. Poco importa: qualche giorno fa l’establishment regionale ha festeggiato il trentennale del Pólo industrial de Camaçari, a una trentina di chilometri da Salvador. Fondato negli anni ’70, è stato un pilastro della progressiva industrializzazione della regione. Raggruppa una sessantina di imprese, dà lavoro a 35mila persone e registra un fatturato annuo di 15 miliardi di dollari.
In un primo momento, il polo produttivo «il più grande dell’America Latina», assicura Santiago, si è concentrato sul petrolio,il gas e la chimica.L’arrivo nei primi anni di questo decennio della casa automobilistica Ford e del produttore agricolo Monsanto ha contribuito a una diversificazione impensabile fino a qualche anno fa. Secondo Rafael Amoedo, ministro regionale per l’Industria, solo l’anno scorso 54 imprese hanno messo radici nella regione.
Ricco di materie prime agricole e minerarie, il Nordeste sta approfittando come non mai della crescita dei Paesi emergenti. La sua economia non si basa più sul binomio petrolio-turismo. «Oggi Bahia produce anche carta, scarpe, frutta, automobili, prodotti elettrici e addirittura il 20% dei computer brasiliani», nota Arthur Souza Cruz, capo economista del Centro Internacional de Negócios da Bahia.
Il processo di diversificazione riguarda anche l’agricoltura. Non più solo cacao e grano, ma anche soia, cotone, riso e caffè. Nelle regioni interne, nella valle del fiume São Francisco, la coltivazione di frutta ha preso il sopravvento. La produzione annua di uva da tavola è passata in 10 anni da 3.700 a 77mila 500 tonnellate. Quella di mango è cresciuta da 21mila 500 a 108mila tonnellate. Nei due casi, oltre il 90% del totale è esportato, verso gli Stati Uniti, l’Europa e la Russia.
Il Brasile trae beneficio dalle riforme dell’ultimo decennio e dalla ricchezza in materie prime. La crescita nel 2007 è stata del 5,4% e Guido Mantega, il ministro delle Finanze del presidente Luiz Inácio Lula da Silva, è certo che il Paese abbia fatto «un salto di qualità». Riuscirà a superare indenne il rallentamento mondiale che si profila all’orizzonte? Per ora il Nordeste, forte anche di un’economia più diversificata, viaggia sull’onda della ripresa brasiliana.
Di recente il giornale Valor Econômico faceva notare che il Pil pro capite nella regione è salito da 4.525 real nel 2002 a 6.925 real nel 2006, tanto che negli ultimi tre anni le vendite al dettaglio a Bahia sono cresciute a un ritmo più elevato della media nazionale. A Salvador la disoccupazione rimane elevata, vicina al 20% a causa del continuo arrivo in città di immigrati dalle zone interne, ma l’aumento della prosperità si tocca con mano.
Si moltiplicano i grandi centri commerciali all’americana, mentre le strade sono tappezzate di grandi pannelli pubblicitari: telefonini, computer, abbonamenti televisivi e naturalmente automobili. Come il traffico marittimo, anche quello stradale (assai più invasivo) è cresciuto: il numero di veicoli nella capitale di Bahia è raddoppiato in dieci anni a 600mila, mentre la popolazione è aumentata di meno di un terzo.
B.R.
Ho scritto questo articolo di ritorno da un viaggio di vacanza nello Stato di Bahia.