La Germania ha presentato ieri un pacchetto da 500 miliardi di euro per salvare il proprio sistema finanziario. Il Governo federale garantisce i prestiti interbancari ed è pronta se necessario a entrare nel capitale delle banche in cambio di una partecipazione azionaria. Seguendo l’esempio inglese, anche l’establishment politico tedesco si arrende all’idea che la crisi finanziaria e bancaria non è limitata agli Stati Uniti. In queste ultime due settimane, mentre la Francia di Nicolas Sarkozy ha dimostrato attivismo e consapevolezza della crisi, la Germania ha dato l’impressione di sottovalutare la situazione. Il cancelliere Angela Merkel si è smentita due volte, nel giro di pochi giorni. Prima ha criticato aspramente la scelta irlandese di garantire i depositi bancari, per fare nel giro di poche ore più o meno la stessa cosa. Poi, ha rifiutato per giorni l’idea di un piano unico nazionale per il salvataggio del settore bancario, per finalmente arrendersi e seguire il modello britannico (nella foto, l’Eurogruppo all’Eliseo domenica 12 ottobre).
Alcune vicende hanno certamente indotto la Germania di rivedere le sue posizioni. Da un lato, il caso di Hypo Real Estate. La necessità di due operazioni di salvataggio di HRE nel giro di una settimana ha messo drammaticanente in dubbio la solidità del settore bancario tedesco. Dall’altra il crollo dei titoli bancari: a titolo di esempio, l’azione Deutsche Bank, la prima banca del Paese, ha perso il 40% nel giro di un mese. Infine, l’establishment economico ha iniziato ad alzare la voce, sottolineando i rischi crescenti di un travaso della crisi finanziaria nell’economia reale. A questi cambiamenti bisogna probabilmente aggiungere una certa naturale lentezza di riflessi dinanzi all’impensabile o all’imprevisto. Finalmente, la Germania ha deciso di agire, rifiutando però fino alla fine l’idea di un fondo unico europeo, proposto dal ministro francese delle Finanze Christine Lagarde, per paura di essere il tesoriere dell’Europa. Per certi versi, in questa crisi, si sono come capovolti i ruoli nella coppia franco-tedesca: la difesa dello spirito comunitario, una caratteristica della politica estera tedesca negli ultimi 50 anni, è stata fatta propria dalla Francia, mentre la Germania è sembrata cavalcare la tendenza prettamente francese della cooperazione intergovernativa. Non è la prima volta che succede: sull’idea di una moneta unica, la Francia di François Mitterrand fu più europeista del riluttante Helmut Kohl, poi convinto dal benestare degli altri partner europei all’unificazione tedesca. Ma a oltre dieci anni di distanza e mentre l’Europa è chiamata ad affrontare un nuovo ’29, l’atteggiamento della Germania nelle ultime due settimane è stato deludente.
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PS: Colgo l’occasione di questo post per informare che giovedì 16 ottobre si terrà al Goethe Institut di Torino un convegno dal titolo: "La riforma elettorale impossibile: importare il modello tedesco?" Informazioni sono disponibili sui siti: http://www.goethe.de/ins/it/tur/ver/it3772210v.htm e
http://germanynews.ilcannocchiale.it/