Alcune vicende hanno certamente indotto la Germania di rivedere le sue posizioni. Da un lato, il caso di Hypo Real Estate. La necessità di due operazioni di salvataggio di HRE nel giro di una settimana ha messo drammaticanente in dubbio la solidità del settore bancario tedesco. Dall’altra il crollo dei titoli bancari: a titolo di esempio, l’azione Deutsche Bank, la prima banca del Paese, ha perso il 40% nel giro di un mese. Infine, l’establishment economico ha iniziato ad alzare la voce, sottolineando i rischi crescenti di un travaso della crisi finanziaria nell’economia reale. A questi cambiamenti bisogna probabilmente aggiungere una certa naturale lentezza di riflessi dinanzi all’impensabile o all’imprevisto. Finalmente, la Germania ha deciso di agire, rifiutando però fino alla fine l’idea di un fondo unico europeo, proposto dal ministro francese delle Finanze Christine Lagarde, per paura di essere il tesoriere dell’Europa. Per certi versi, in questa crisi, si sono come capovolti i ruoli nella coppia franco-tedesca: la difesa dello spirito comunitario, una caratteristica della politica estera tedesca negli ultimi 50 anni, è stata fatta propria dalla Francia, mentre la Germania è sembrata cavalcare la tendenza prettamente francese della cooperazione intergovernativa. Non è la prima volta che succede: sull’idea di una moneta unica, la Francia di François Mitterrand fu più europeista del riluttante Helmut Kohl, poi convinto dal benestare degli altri partner europei all’unificazione tedesca. Ma a oltre dieci anni di distanza e mentre l’Europa è chiamata ad affrontare un nuovo ’29, l’atteggiamento della Germania nelle ultime due settimane è stato deludente.
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PS: Colgo l’occasione di questo post per informare che giovedì 16 ottobre si terrà al Goethe Institut di Torino un convegno dal titolo: "La riforma elettorale impossibile: importare il modello tedesco?" Informazioni sono disponibili sui siti: http://www.goethe.de/ins/it/tur/ver/it3772210v.htm e
http://germanynews.ilcannocchiale.it/