Ogni giorno il Bundestag, la Camera bassa del parlamento tedesco, pubblica un riassunto dei suoi lavori. Questa settimana, con burocratica discrezione, l'ufficio stampa dell'assemblea parlamentare ha pubblicato un rapporto preparato dal Ministero degli Affari Esteri sulla presenza dei tedeschi nelle grandi organizzazioni internazionali (dalle Nazioni Unite alla NATO all'Unione Europea). Il documento è lungo 15 pagine e oltre a fare il punto della situazione con dati e statistiche, è anche il riflesso di come la Germania interpreti la propria proiezione internazionale. "Una adeguata presenza tedesca, quantitativa e qualitativa, nelle organizzazioni internazionali è un prerequisito per l'efficace attuazione della politica estera e il raggiungimento degli interressi politici ed economici" del paese. In questo contesto, "il governo federale intende rafforzare la presenza di personale tedesco all'estero in quanto importante strumento di politica estera". Secondo il ministero (nella foto, uno scorcio sulla Werderscher Markt di Berlino), il numero di tedeschi nella Banca Mondiale o nel Fondo Monetario Internazionale è inferiore alla quota della Germania nel capitale di questi organismi. Nelle istituzioni comunitarie, la Repubblica Federale ha un numero inferiore di dirigenti rispetto alla Francia.
Come tutti i paesi anche la Germania tenta del suo meglio per piazzare cittadini tedeschi nelle posizioni di responsabilità delle grandi organizzazioni internazionali. Troppo spesso si dice che la Germania è poco presente a Bruxelles. In realtà i tedeschi hanno occupato negli anni posizioni defilate ma cruciali. Molti sono capi di gabinetto di commissari. Presenti o futuri segretari generali del consiglio e del parlamento sono tedeschi, come ammette lo stesso Auswärtigesamt. Nel suo rapporto il ministero degli Esteri cita solo di sfuggita la Banca centrale europea. Il mandato dell'attuale presidente, Jean-Claude Trichet, è prossimo alla scadenza, prevista alla fine di ottobre, e i potenziali candidati sono il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi e il presidente della Bundesbank Axel Weber. Come si spiega la discrezione del ministero degli Esteri in questo frangente? Si tratta di una banale dimenticanza? Di un atteggiamento tattico per non tradire le proprie carte? O più semplicemente, il rapporto non era la sede adatta in cui porre la questione? Peraltro, la Germania non può dire di essere sottorappresentata alla BCE. E' tedesco oltre il 30% dei circa 1.400 dipendenti (gli italiani sono meno del 10%, i francesi meno del 9%). La presenza in Germania dell'istituto monetario, e quindi la necessità di coprire molti servizi con personale locale, spiega solo in parte questa situazione. In questi anni, il paese si è impegnato con costanza matematica nell'occupare le posizioni dirigenziali, snodi cruciali nella gestione quotidiana della banca. Capiremo nei prossimi mesi se questa fitta presenza sia ritenuta sufficiente per influenzare la BCE o se la Germania vorrà anche puntare alla presidenza, creando nei fatti una seconda Bundesbank.
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NB: Il rapporto dell'Auswärtigesamt è disponibile qui sul sito del Bundestag.