Serpeggia un preoccupante sentimento anti-tedesco in Europa. Prima e dopo il vertice della settimana scorsa, la stampa europea non ha mancato l’opportunità di parlare di egemonia germanica e di nazionalismo tedesco. In Francia l’incontro tra il presidente francese Nicolas Sarkozy e il cancelliere Angela Merkel a Parigi lunedì 5 dicembre è stato messo a confronto con quello del 1938 quando il primo ministro Edouard Daladier si recò a Monaco e accettò, capitolando, che il territorio dei sudeti fosse annesso alla Germania nazista. Altri hanno affibiato alla signora Merkel “uno stile bismarckiano”. Viste da Bruxelles, le reazioni appaiono esagerate. Non c’è dubbio che il paese abbia pesato molto sui negoziati in vista dell’intesa raggiunta nella notte tra giovedì e venerdì scorsi. Molti accusano il governo federale di avere strappato una sorveglianza sui bilanci nazionali molto più incisiva della precedente, senza aver mosso un dito per rafforzare il parafiamme finanziario indispensabile per bloccare il contagio della crisi debitoria. Insomma: molta disciplina, poca solidarietà. E’ vero, ma mi sembra che la realtà delle cose sia più complicata di quanto non appaia a prima vista. Prima di tutto, l’intesa di Bruxelles non è una vittoria piena della Germania.
Berlino avrebbe voluto trasferire compiti sanzionatori e di sorveglianza dei bilanci a istituzioni sovrannazionali e indipendenti, come la Commissione o la Corte di giustizia. La Francia si è opposta. Mentre il cancelliere Angela Merkel affermava il 16 novembre che “noi tedeschi siamo pronti a rinunciare a parte della nostra sovranità", ancora due giorni fa in un’intervista a Le Monde il presidente Sarkozy ha spiegato: “Non delegheremo ad altri la nostra sovranità economica”. Le sanzioni contenute nell’accordo dell’8-9 dicembre sono più automatiche di quelle previste dal Trattato di Lisbona, ma non sono pienamente automatiche, vale a dire delegate a un organo indipendente e sovranazionale. La decisione ultima spetta al consiglio europeo. Forse proprio questo aspetto spiega la ritrosia della Germania ad accettare un rafforzamento ambizioso del paracadute finanziario. Berlino ha rifiutato l’idea di trasformare il fondo di stabilità ESM in istituzione creditizia, per permetterle di accedere alla Banca centrale europea; si è opposta ad aumentare la dotazione dell’EFSF/ESM; ha imposto di cancellare nella bozza di comunicato finale ogni riferimento diretto alla mutualizzazione dei debiti. La scelta tedesca fa discutere ed è criticabile, soprattutto perché rischia di provocare nuove angosce sui mercati, ma non è sorprendente. E’ probabile che se tutti i paesi avessero accettato di cedere la propria sovranità sul fronte dei conti pubblici, la Germania avrebbe accettato di converso di mettere il proprio denaro (frutto di una indiscutibile lungimiranza) a disposizione dei suoi partner. Una recente sentenza della Corte costituzionale di Karlsruhe ha precisato i vincoli che la signora Merkel deve rispettare. Fin tanto che la rappresentanza democratica ha basi nazionali, e non europee, è legittimo che il Parlamento a Berlino abbia diritto d'intervento. "Il Bundestag – ha spiegato inoltre la Corte in settembre – non può partecipare alla creazione di meccanismi permanenti che attraverso accordi internazionali comportino l'assunzione di passività per decisioni volontarie di altri Stati, soprattutto se hanno un impatto difficile da calcolare". L'aggettivo volontario apre la porta all'idea che la Germania cambi idea (accetti per esempio le obbligazioni europee). In altre parole, se le decisioni di politica economica dei governi non fossero volontarie, ma imposte in qualche modo dai partner, la posizione tedesca potrebbe cambiare. Agli occhi della Germania l'aumento della solidarietà deve andare di pari passo con una cessione di sovranità. In fin dei conti, imputerei le controverse scelte tedesche in questi ultimi mesi all'incapacità a prendere rischi non calcolati; alla difficoltà di ragionare freddamente nella fretta; alla necessità di seguire regole precise. Non a un desiderio di egemonia in Europa.
(Nella foto la copertina dell'ultimo Newsweek)
NB: Dal fronte di Bruxelles (ex GermaniE) è anche su Facebook