Il governo Monti ha presentato un pacchetto di misure per liberalizzare alcuni settori dei servizi e alcune professioni. La speranza di molti corre alle conseguenze positive per l'economia. La stessa Banca d'Italia ha cercato di calcolare quali potrebbero essere i vantaggi di una maggiore libertà sul grande mercato italiano. Non tutti condividono le misure, ma mi sembra che tutti ammettano che l'economia vada riformata. L'impatto economico sarà certamente interessante da valutare. Mi chiedo se non potrebbe esserci anche un impatto sociale. All'inizio di gennaio, uno studio di Eurostat (intitolato Methods Used for Seeking Work) ha rilevato che il 76,9% dei giovani italiani deve ricorrere a parenti, amici e sindacati per trovare un'occupazione. La ragione è solo in parte dovuta alla presenza di migliaia di piccole imprese famigliari, visto che la percentuale scende al 34,8% in Finlandia, al 36,8% in Belgio e al 40,2% in Germania (un altro paese in cui le piccole aziende sono numerose). Questi dati sono anche il riflesso dei tanti monopoli di cui è fatta la vita professionale e quotidiana italiana e che hanno contribuito a fare del "familismo amorale", come lo chiamò il sociologo americano Edward C. Banfield, un grande difetto sociale, forse più che altrove. In alcuni casi l'opportunismo può anche essere considerato come una qualità, la capacità di adattarsi alle circostanze della vita (Francesco Guicciardini che, si dice, sposò Maria Salviati anche per interesse, ne ha fatto un principio politico). Ma ormai l'opportunismo non è più ritenuto un'arma subdola; è giustificata dai più. Non mi riferisco alla bugia del diplomatico in difesa del proprio paese; al silenzio del dipendente dinanzi all'eventuale errore del suo superiore; e neppure alle lusinghe di un giornalista che pur di raggiungere il proprio scopo è pronto a tradire le sue opinioni.
In Italia in molti ambienti professionali la mancanza di concorrenza fa sì che non si punisca e non si premi, con il risultato che le persone vivono di legami familistici, appoggi trasversali e sostegni clientelari. Alla regola secondo cui il nemico del mio nemico è il mio amico si è aggiunto anche il principio secondo il quale l'amico del mio amico è mio amico. Anche l'abitudine del Tu è spesso il tentativo di creare legami e complicità nella speranza di estrarre favori e prebende, magari da usare successivamente come cambiali. Forse la stessa vita politica italiana, con i suoi voltafaccia, il suo populismo e la sua retorica, così lontana dai principi di Machiavelli, è di cattivo esempio. Perché gli italiani non dovrebbero essere dei voltagabbana, se così fanno i politici? D'altro canto, non c'è paese in Europa che riservi ai necrologi così tanto spazio nelle pagine dei quotidiani. In Germania, le famiglie stampano grandi annunci, negli Stati Uniti lunghi articoli (gli obituaries); ma i giornali non pubblicano, come in Italia, infinite liste di piccoli necrologi. Questi non riflettono più il desiderio di onorare la scomparsa di una persona, ma sono un omaggio all'importanza e all'influenza dei parenti superstiti, e nascondono il clin d'oeil dell'autore che segnala al pubblico vecchie amicizie, antiche comunanze, utili familismi. Se il ragionamento è corretto, piccoli e grandi monopoli vanno di pari passi con il corporativismo, e lo stesso corporativismo contribuisce a un circolo vizioso nel quale al merito si preferisce la lealtà, alla bravura del singolo si preferisce l'appartenenza a un albo. Prevalgono quindi la faziosità e il conformismo, anche intellettuale. Tornando alle liberalizzazioni, nell'eliminare il valore legale del titolo di laurea o nel ridurre i mille rivoli della burocrazia italiana la sfida del governo Monti deve andare ben oltre l'economia.
(Nell'immagine, un ritratto di Francesco Guicciardini – 1483-1540)
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