Ci sono circostanze nelle quali le statistiche economiche ribaltono improvvisamente i giudizi prevalenti. Sabato 11 febbraio il governatore della banca centrale lussemburghese, Yves Mersch, ha rilasciato una lunga intervista a La Libre Belgique, il giornale francofono di Bruxelles. Scopriamo a sorpresa che anche il piccolo Granducato, uno dei paesi più benestanti al mondo, è in crisi. Il Lussemburgo, spiega il banchiere centrale, ha registrato "un forte deterioramento della sua competitività".
Qualche settimana fa questa fondazione berlinese ha compilato una classifica dei paesi dell'unione monetaria sulla base del debito implicito, in altre parole tenendo conto a politiche invariate delle promesse a lungo termine, soprattutto nel campo pensionistico. La lista offre risultati sorprendenti. Il Lussemburgo ha un debito totale (esplicito e implicito) di oltre il 1.000% del prodotto interno lordo – per la precisione di 1.115,6% del PIL. Insieme all'Irlanda e alla Grecia (!), è in fondo alla classifica. A La Libre Belgique, Mersch spiega che le ragioni sono da ricercare nella crisi demografica, in assegni pensionistici troppo generosi, e soprattutto nella presenza di molti lavoratori frontalieri che vivono in Francia o in Germania, ma lavorano in Lussemburgo e nel Granducato versono i contributi per una futura pensione. "La situazione è complicata – ammette il banchiere centrale – perché attualmente il sistema previdenziale e pensionistico mostra un attivo di bilancio che maschera agli occhi dell'opinione pubblica la necessità di riforme". Secondo Mersch, per mantenere invariata la generosità del sistema pensionistico il Lussemburgo avrebbe bisogno tra 30 anni di un milione di impieghi, e non di 380mila come attualmente, su una popolazione di appena 500mila persone. I frontalieri rappresentano il 43% di tutti i lavoratori del Granducato. Lo studio della fondazione berlinese nasconde un'altra sorpresa: nella classifica, l'Italia è il paese con il minor debito totale (esplicito e implicito), pari al 146% del PIL, meglio della Germania. Tra le altre cose per spiegare i risultati della sua ricerca la Stiftung Marktwirtschaft cita le recenti riforme previdenziali e la presenza di un avanzo primario. Rassicurante, ma non sufficiente per giustificare l'inazione.
(Nell'immagine, Jean-Claude Juncker durante una conferenza stampa dell'Eurogruppo)
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