BRUXELLES – È una partita ancora dall'esito molto incerto quella che riguarda la Tobin tax europea. La Commissione ha presentato in febbraio una proposta assai più ambiziosa delle precedenti, tanto da non ottenere l'unanimità tra gli 11 Paesi dell'Eurozona che hanno deciso di perseguire la strada della cooperazione rafforzata in questo campo. L'Italia è tra chi darà battaglia per modificare il testo, soprattutto per quanto riguarda la tassazione dei titoli di Stato.
Secondo la proposta di direttiva, la nuova imposta non si applicherà
solo alle banche residenti nei Paesi membri che hanno deciso di adottare
la Tobin tax, ma anche a tutti gli strumenti finanziari emessi dagli
Stati coinvolti. La Commissione ha quindi deciso di associare al
principio di residenza il principio di emissione, nel tentativo di
limitare per quanto possibile i tentativi di elusione da parte degli
istituti di credito. Il principio di residenza prevede che a pagare
l'imposta siano le banche con sede negli 11 Paesi che hanno deciso di
adottare la nuova tassa, indipendentemente da dove avviene la
transazione. Il principio di emissione stabilisce che l'imposta verrà
pagata su tutte le transazioni che riguarderanno strumenti finanziari
emessi dagli 11 Paesi, indipendentemente da dove risiede l'investitore.
La proposta originale prevedeva solo il primo dei due princìpi.
L'altro aspetto controverso riguarda il tipo di strumento finanziario
che verrà tassato. La Commissione vuole che la nuova tassa si applichi a
tutti i titoli, anche le obbligazioni pubbliche, non solo le azioni o i
derivati. La questione è controversa. La Tobin tax approvata
dall'Italia non prevede la tassazione dei titoli di Stato: con un debito
pubblico pari a oltre il 120% del Pil, non si vogliono penalizzare le
contrattazioni in BTp o in BoT. Su questo punto l'Italia e altri Paesi
vorranno modificare il testo (il Belgio, che ha già una Tobin tax, ha
deciso di applicare un'aliquota più bassa sulle contrattazioni dei
titoli pubblici). Non solo è necessaria l'unanimità degli 11 Paesi –
oltre all'Italia, Germania, Francia, Spagna, Austria, Belgio, Grecia,
Portogallo, Slovenia, Slovacchia ed Estonia -, ma è anche previsto il
coinvolgimento nel dibattito degli altri 16 Paesi Ue, tra cui la Gran
Bretagna che lotterà per evitare distorsioni al mercato unico.
A Bruxelles alcuni osservatori si interrogano se il progetto di Tobin
tax andrà mai in porto. Da un lato, notano i numerosi ostacoli politici e
l'atteggiamento opportunistico di molti Paesi che hanno dato il loro
assenso preliminare solo per strizzare l'occhio alla loro pubblica
opinione in un momento di debolezza. Dall'altro, però, sanno che non c'è
governo in Europa che non abbia bisogno di nuove entrate fiscali per
ridurre il proprio debito pubblico. B.R.