La tragedia di Mayotte – Nuova spia della crisi francese

Il dipartimento francese di Mayotte, al largo del Mozambico, nell’Oceano indiano, è stato vittima nei giorni scorsi del devastante ciclone Chido. Non è ancora chiaro quante persone siano decedute. L’ultimo bilancio ufficiale parla di 39 morti e 2.500 feriti. Si temono però che ci siano migliaia di vittime sotto il fango delle bidonvilles.

La catastrofe non è solo climatica. A modo suo è una nuova spia della crisi francese. Si aggiunge all’instabilità politica e all’incertezza finanziaria. I territori d’oltre-mare di cui tanto si vantano i francesi appaiono più di prima un retaggio anacronistico.

Il dipartimento di Mayotte, ufficialmente il 101mo del paese, fa parte delle Isole Comore situate a Nord-Ovest del Madagascar. La sua storia non è banale.

Francese dal 1841

L’isola diventa francese a metà dell’Ottocento. Il 25 aprile 1841, sotto il regno di Luigi Filippo I, l’ultimo sultano di Mayotte, Andriantsoly, minacciato dalle potenze vicine, vende la propria isola al Regno di Francia in cambio di protezione.

Nel 1885, sulla scia della Conferenza di Berlino, altri territori situati nell’Oceano indiano diventano colonie francesi, in particolare le altre Isole Comore o lo stesso Madagascar. D’altro canto, negli anni si erano insediati avventurieri francesi che avevano trasformato le isole in prospere dittature schiaviste.

Dopo la Seconda guerra mondiale, il Madagascar diventa indipendente nel 1960 in piena ondata di decolonizzazione. Successivamente, nel 1974, tocca alle Isole Comore (Grande Comore, Anjouan, Mohéli e Mayotte) chiedere l’indipendenza.

Una bidonville a Mayotte dopo il passaggio del ciclone Chido © AFP – PATRICK MEINHARDT

Il referendum però è fonte di contrasti perché l’esito della votazione viene valutato isola per isola anziché nel suo complesso. A differenza delle altre isole dell’arcipelago, Mayotte aveva votato per rimanere francese.

All’epoca, la Tanzania sostenne il principio dell’integrità territoriale dell’arcipelago e presentò dinanzi al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite una risoluzione in tal senso. Il 6 febbraio 1976 la Francia utilizzò il potere di veto e bocciò l’iniziativa del paese africano. Un secondo referendum a Mayotte confermò il desiderio dell’isola di rimanere francese, mentre le rimanenti tre isole accedettero all’indipendenza.

Il più povero dei dipartimenti francesi

Il ciclone di metà dicembre ha colpito il più povero dei dipartimenti francesi. Mayotte conta 320mila abitanti, a cui bisogna aggiungere tra le 100 e le 200mila persone in situazione irregolare.

In visita nell’isola dopo la catastrofe, e mentre affrontava una folla arrabbiata e rivendicativa, il presidente Emmanuel Macron ha affermato: “Se non fosse per la Francia sareste 10.000 volte più nella merda! Non vi è un posto nell’Oceano indiano dove le persone vengono aiutate così tanto!”.

È possibile che egli abbia ragione, anche se la situazione nel dipartimento è veramente grave. Secondo un rapporto dell’ottobre scorso pubblicato dall’Istituto nazionale di statistica INSEE, “il tenore di vita mediano degli abitanti di Mayotte è di sette volte inferiore alla media nazionale (…) Il 77% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà nazionale, cinque volte di più che in Francia”.

Il prodotto interno lordo pro capite è quasi quattro volte inferiore alla media nazionale. Il PIL per posto di lavoro, o produttività apparente del lavoro, è inferiore di quasi un terzo rispetto alla media nazionale. Il tessuto economico, ancora molto informale, spiega in parte questa bassa produttività.

A Mayotte, nel 2017, solo il 32% delle persone di età pari o superiore ai 15 anni che avevano lasciato il sistema educativo aveva una qualifica, rispetto al 72% della Francia continentale. Nel 2023 il tasso di disoccupazione era il più elevato di tutti i dipartimenti francesi, pari al 37% (la media francese è del 7,4%).

Un paese in perdita d’influenza

Per decenni la Francia ha celebrato la sua presenza multi-continentale, ricordando i territori marittimi e le basi militari. Oggi il potere di influenza del paese appare la brutta copia di sé stesso.

Nel corso degli ultimi anni, il paese è stato costretto a lasciare via via il Mali, il Burkina Faso, il Niger, più recentemente il Ciad e infine il Senegal. Come la pelle di zigrino, la presenza militare francese nelle sue ex colonie africane si sta gradualmente riducendo.

Come non vedere un filo logico tra l’instabilità politica (tre governi in sei mesi), le difficoltà finanziarie (il debito ha superato il 110% del PIL), l’uscita di scena in Africa e la catastrofe di Mayotte? Tra crisi degli equilibri internazionali nel mondo e crisi degli equilibri istituzionali della V Repubblica, anche la vicenda di Mayotte riflette in qualche modo l’impasse francese.

La catastrofe nel suo dipartimento nell’Oceano indiano dovrebbe indurre la Francia a chiedersi quanto senso abbia – al netto di qualche ricaduta geopolitica – mantenere la sovranità su territori distanti oltre 8.000 chilometri da Parigi, tanto più se questi territori versano in uno stato pietoso.

  • habsb |

    Pochi paesi come la Francia hanno ripetutamente rovinato con scelte errate un’invidiabile situazione di prosperità.
    Il colbertismo nell’ Ancien Régime, l’imperialismo bonapartista nel Primo Impero, il keynesianismo nella nostra epoca hanno di volta in volta mutato una posizione eccellente dovuta alla ricchezza agricola, umana, e tecnica del più esteso e avanzato paese europeo, in situazioni disperate di debito e miseria.
    Basti confrontare le regioni frontaliere con Belgio, Lussemburgo, Svizzera, e i corrispondenti divari di ricchezza da una parte all’altra dei confini, per comprendere a che punto l'”exception française” ha lasciato indietro un paese che ormai solo nell’area di Parigi e pochissime altre offre un quadro di vita al livello dell’Europa occidentale.
    Oggi la Francia è un paese allo stremo, nelle cure mediche, nel livello scolastico, nella criminalità, nella pressione fiscale, nel debito e deficit statale, e non ha assolutamente più le risorse necessarie per gestire colonie extraeuropee o per esercitare influenza sui paesi africani.
    Politicamente è diviso fra orgogliosi gollisti che non vogliono rinunciare a sognare un ruolo mondiale di primissimo piano, e socialisti per i quali perfino il keynesianismo dell’élite bancaria che ha fatto eleggere Macron resta troppo a destra. Lo sperpero del denaro pubblico è la sola cosa che ha messo d’accordo entrambi per decenni. Ma come diceva Thatcher, il socialismo puo’ andare avanti solo finché dura il denaro degli altri. Poi crolla.
    E’ quello che sta accadendo in Francia.

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