La vicinanza tra Giorgia Meloni e l’establishment europeo si tocca ormai con mano. Nell’ultima settimana, la presidente del Consiglio si è recata a Parigi dove ha incontrato il presidente Emmanuel Macron; ha ricevuto a Roma la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola; è andata in Austria a partecipare a un convegno con il cancelliere Karl Nehammer.
Nelle tre occasioni non sono mancate le foto in cui la signora Meloni si mostrava sorprendentemente sorridente e a suo agio con i suoi interlocutori europei.
So bene che le regole della buona creanza (e dell’opportunismo politico) prevedono il sorriso e il calore. Al tempo stesso, questa vicinanza fa riflettere. Tralasciamo per un attimo i motivi dietro a questo rapprochement, che desta comunque sorpresa per una leader che fino a qualche mese fa ha fatto campagna elettorale contro l’establishment europeo e contro l’Unione europea.
Più concretamente, la vicinanza rende particolarmente sorprendente la mancata ratifica da parte dell’Italia del nuovo trattato del Meccanismo europeo di Stabilità (MES). Da mesi la questione accende gli animi a Bruxelles, oltre che a Roma.
L’atteggiamento sul fronte del MES, così come l’isolamento dell’Italia su questo versante (è l’unico paese a non avere ancora ratificato il nuovo trattato), sono in contraddizione con gli incontri di questi ultimi giorni, e il loro esplicito calore umano.
C’è da chiedersi se proprio la coltivata vicinanza con l’establishment europeo, e in particolare popolare, non possa essere, nell’ottica della presidente Meloni, lo strumento per vincere la ritrosia del suo partito e ottenere in fin dei conti la ratifica del MES da parte del parlamento.
Mi spiego meglio. Sul fronte politico stiamo assistendo a un rapprochement tra il PPE e Fratelli d’Italia. C’è un mutuo interesse a un nuovo legame. Alle prossime elezioni europee del 2024, il PPE deve compensare i probabili risultati negativi di Les Républicains e Forza Italia. Nel contempo, Fratelli d’Italia vuole assicurarsi un ruolo-guida nella prossima legislatura.
In questo contesto, Giorgia Meloni potrebbe proprio usare il nuovo legame con il PPE per convincere i suoi a una ratifica del MES, sostenendo di avere in Europa le mani sulle leve di comando. Improvvisamente, il voto di ratifica del MES non sarebbe più ritenuto il simbolo di una resa, ma il riflesso di un nuovo potere.
In buona sostanza, non solo la mancata ratifica è un ostacolo agli obiettivi politici di Giorgia Meloni, ma lo stesso rapporto con l’establishment comunitario può diventare la leva per convincere i molti deputati riottosi.
Se così fosse, un voto positivo in Parlamento è questione solo di tempo. Sabato in Austria, la premier ha affermato, riferendosi al voto previsto il 30 giugno prossimo: “È un errore portarlo ora in Aula. Chi chiede la decisione subito non aiuta l’Italia”.