Nervosismo dei mercati – A preoccupare non è solo l’esito del voto italiano di settembre

Il Financial Times ha dato conto questa settimana del nervosismo dei mercati finanziari sul futuro dell’Italia, a meno di un mese dalle prossime elezioni legislative. Gli investitori internazionali temono l’ingresso a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni, alla guida di un partito euroscettico.

C’è chi è preoccupato da una politica economica eccessivamente dispendiosa e chi teme l’arrivo al potere di un regime nazionalista, protezionista e reazionario alla Viktor Orbán in Ungheria. La volatilità negli scambi di strumenti finanziari italiani si tocca con mano.

Più che in altre circostanze, tuttavia, è importante conoscere il contesto. A peggiorare il rischio Italia agli occhi degli investitori non è solo il possibile (probabile?) esito delle prossime elezioni legislative. Altri due elementi hanno un ruolo non banale.

In primo luogo, vale la pena citare la Banca centrale europea. In una intervista a Reuters pubblicata a metà agosto, Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo dell’istituto monetario, ha confermato che la BCE ha iniziato un percorso di stretta monetaria, segnato dal rialzo dei tassi d’interesse in luglio.

Più interessante è stato il modo in cui la banchiera centrale tedesca ha risposto a una domanda sulla possibilità per la BCE di interrompere il reinvestimento dei proventi derivanti dall’acquisto di titoli di stato sui mercati.

È giunto il momento di discutere la fine dei reinvestimenti del programma di acquisto di attivi finanziari, hanno chiesto i giornalisti di Reuters?

“Non ne abbiamo ancora discusso – ha risposto la signora Schnabel -. Abbiamo seguito la sequenza preannunciata, che prevedeva un rialzo dei tassi di interesse prima di terminare i reinvestimenti nell’ambito del programma di acquisto di attivi finanziari. Ma, naturalmente, le dimensioni del nostro bilancio sono parte integrante delle nostre discussioni periodiche sull’orientamento della politica monetaria (…) Non posso dire cosa diranno i miei colleghi nella riunione di settembre, ma non escludo che qualcuno ne parli”.

Negli anni, l’istituto monetario ha accumulato in bilancio quasi 5.000 miliardi di euro di titoli di debito. Una eventuale riduzione degli acquisti di debito italiano da parte della BCE mette inevitabilmente paura agli investitori e li costringe a rivedere la composizione dei loro portafogli.

Un secondo fattore altrettanto importante che si nasconde dietro al pessimismo dei mercati è rappresentato dalle prospettive dell’economia. Rispetto ad altri paesi europei, l’Italia può contare in questa fase sulla forza dei servizi e del turismo, ma nel contempo la congiuntura italiana soffre di pecche ormai decennali, deve fare i conti con la gravissima crisi energetica ed è grandemente dipendente dalla Germania, a rischio recessione.

Il pericolo di una crisi economica è dietro l’angolo, tanto più che a differenza di altri paesi l’Italia non ha pressoché margine di bilancio per compensare il fortissimo e incredibile aumento dei prezzi dell’energia a famiglie e imprese. Ancora una volta l’Italia è tra gli anelli deboli della zona euro in un momento in cui l’andamento dei prezzi energetici sta minando la competitività dell’intera Europa.

Secondo i dati della Commissione europea, l’Italia ha registrato nel primo trimestre dell’anno il prezzo più elevato dell’elettricità all’ingrosso tra i paesi europei: 249 euro per MWh, con un aumento del 318% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Insomma, dietro alla scelta degli investitori di scommettere contro l’Italia – per un totale di 39 miliardi di euro secondo i dati di S&P Global Market Intelligence – si nascondono numerosi fattori, e non solo timori politici. Più in generale, il contesto non induce all’ottimismo.

(Il grafico mostra le varie categorie di detentori di debito pubblico italiano e l’andamento dei portafogli dal 2008 in poi. Le famiglie italiane hanno ridotto grandemente la loro esposizione diretta)

  • habsb |

    egr. dr. Romano
    sembra che una volta per secolo l’Europa intraprenda un suicidio collettivo.
    Cent’anni fa fu la prima guerra mondiale a distruggere in un bagno di sangue il primato mondiale dei paesi europei e la loro prosperità
    Ora è la decisione suicida di rinunciare al primo fattore della prosperità europea da decenni ad oggi, ossia la disponibilità a buon mercato di energia e materie prime russe.
    La presenza attuale ai posti di comando di personaggi di livello modestissimo lascia purtroppo poche speranze

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