Il tema della flessibilità delle regole di bilancio in Europa è un argomento che sta molto a cuore ad alcuni paesi, in particolare all’Italia. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi non mancherà di sollevarlo nuovamente in occasione del prossimo vertice europeo di fine mese, magari chiedendo nuovamente la deduzione dal calcolo del deficit di alcuni investimenti pubblici. Con quale successo? Non è ancora chiaro. Finora la partita non ha avuto molto successo. Intanto la Commissione europea ha trasmesso ai Ventotto nei giorni scorsi una prevista relazione sulle recenti riforme del Patto di Stabilità e di Crescita. Il rapporto deve servire a una prossima discussione su eventuali adattamenti del Patto, tanto criticato in molti strati della società europea. I sette testi legislativi, noti in inglese come six-pack e two-pack e adottati tra il 2011 e il 2013, sono serviti a migliorare il coordinamento delle politiche economiche, dopo che la crisi finanziaria ed economica è stata provocata anche da una mancanza di controllo reciproco sui bilanci nazionali. Almeno tre gli obiettivi: rafforzare la sorveglianza dei conti pubblici nazionali e il relativo sistema sanzionatorio; evitare l’emergere di squilibri macroeconomici; e in generale migliorare il monitoraggio delle politiche economiche. Nella sua relazione, la Commissione europea ammette che è difficile valutare pienamente le nuove regole, utilizzate da troppo poco tempo e in una situazione di crisi, proprio mentre dovrebbero in realtà servire ad evitare le situazioni di crisi. Tra le righe, tuttavia, emergono linee-guida interessanti che potrebbero influenzare il dibattito politico nei prossimi mesi in Europa. Il primo aspetto riguarda il rispetto delle raccomandazioni europee, che hanno l’obiettivo di imporre ai paesi un riassorbimento degli squilibri macroeconomici. L’esecutivo comunitario si rende conto che queste restano spesso lettera morta e propone di migliorare gli incentivi perché i paesi adottino e applichino le misure di politica economica. Senza citarla esplicitamente, la Commissione torna sull’idea di creare accordi contrattuali tra istituzioni europee e stati membri per meglio facilitare l’adozione di riforme economiche nei vari paesi. Il secondo aspetto è più generale. Nella sua relazione, l’esecutivo comunitario sottolinea che il denso sistema di regole europee contenuto nel Patto di Stabilità e di Crescita è ormai complesso, poco trasparente. Nota difficoltà nell’applicazione, nella comunicazione, e quindi nell’abilità dei governi di fare proprie le raccomandazioni europee. Scrive che c’è un problema di legittimità democratica, e suggerisce un maggior coinvolgimento dei parlamenti nazionali nel dibattito tra stato membro e istituzioni europee in vista di nuove raccomandazioni al governo in carica. Chi sperava da parte della Commissione proposte di riforme più decise e ambiziose del Patto di Stabilità sarà probabilmente deluso. Al tempo stesso, la relazione lascia intendere che cambiamenti potrebbero essere necessari. Sarà il dibattito tra i Ventotto a decidere quanto queste modifiche saranno profonde. I governi dovranno trovare un equilibrio tra il desiderio di difendere la credibilità delle regole, la volontà di rafforzare la loro capacità a rispondere alla crisi economica, e l’urgenza di rispondere al crescente euroscetticismo dell’opinione pubblica europea, a cui la stessa complessità delle norme probabilmente contribuisce.
(Nella foto, Donald Tusk, 57 anni, nuovo presidente del Consiglio europeo da oggi, 1°dicembre 2014. Avrà un ruolo cruciale nel negoziare eventuali nuove riforme al Patto di Stabilità e di Crescita)