A piccoli e incerti passi, l'unione bancaria sta prendendo forma. I prossimi mesi saranno dedicati a cruciali trattative tra il Parlamento e il Consiglio, e ancora tra gli stessi governi dell'Unione. E' passato oltre un anno da quando i 28 hanno deciso di rafforzare l'assetto istituzionale della zona euro, trasferendo inanzitutto la vigilanza bancaria alla Banca centrale europea, esautorando almeno in parte i governi nazionali. La sorveglianza della BCE sarà totale per le banche più grandi, mentre avverrà in seconda battuta per quelle più piccole. L'entrata in vigore della riforma è prevista per il 4 novembre di quest'anno. Intanto, prima di Natale, i ministri delle Finanze hanno trovato un accordo su un nuovo meccanismo di gestione delle crisi bancarie, a cui verrà associato un fondo di risoluzione di circa 60 miliardi di euro da utilizzare in caso di fallimento o ristrutturazione. Questo fondo verrà finanziato da denaro privato. Poco alla volta ci sarà, nel giro di 10 anni, una mutualizzazione, una messa in comune, delle risorse finanziarie. Il meccanismo prevede inoltre la nascita di un consiglio di risoluzione chiamato a prendere le decisioni sul futuro di un istituto di credito. Le scelte verranno prese a maggioranza dei due terzi dei paesi membri. Nelle situazioni più gravi, sarà necessario anche il benestare dei paesi rappresentanti almeno il 50% dei contributi al fondo di risoluzione. L'accordo ragiunto dal Consiglio sarà ora negoziato col Parlamento. La prima riunione tra le due istituzioni è prevista per l'8 gennaio. Nel frattempo, Parlamento e Consiglio hanno trovato una intesa su nuove regole comuni relative alla garanzia nazionale dei depositi bancari. Ai più il processo decisionale nel salvataggio/ristrutturazione/fallimento di una banca può sembrare contorto e la messa a regime troppo lenta, ma indubbiamente i paesi hanno accettato una cessione di sovranità in un campo bancario che è tradizionalmente la delicata cinghia di tramissione tra la politica e l'economia. Più complicato è dare una valutazione su come i paesi hanno deciso di affrontare il periodo transitorio, nei dieci anni necessari perché il fondo di risoluzione sia a regime.
L'accordo prevede che si possa negoziare il coinvolgimento del meccanismo europeo di solidarietà (ESM) per ovviare alla mancanza di denaro nel fondo di risoluzione. Questo aspetto sarà cruciale per dare mordente alla riforma. Non si può escludere che alcuni paesi frenino improvvisamente su questo fronte, preoccupati dall'idea di creare qualche forma di azzardo morale o di sanare situazioni precedenti la vigilanza unica della BCE. Dal loro punto di vista, se l'obiettivo è di usare denaro privato per aiutare eventuali banche in difficoltà, l'uso dell'ESM rischia di tradire questo impegno. Tuttavia, il pericolo evidentemente è di indebolire gravemente una riforma che nelle intenzioni iniziali doveva spezzare il circolo vizioso tra bilanci bancari e bilanci sovrani. Un altro aspetto tutto ancora da negoziare è il trattato intergovernativo con il quale i 28 paesi dell'Unione dovranno creare il fondo di risoluzione. L'obiettivo è di trovare un accordo entro il 1° marzo. Intese di questo tipo sono tradizionalmente l'occasione per complicati bracci di ferro politici, in particolare tra coloro che vorranno imporre una maggiore mutualizzazione delle risorse finanziarie e chi vorrà invece porre paletti. Il risultato sarà probabilmente un testo ricco di ambiguità. Molti deputati hanno già protestato per la decisione dei governi di creare il fondo attraverso un trattato internazionale, esautorando nei fatti l'assemblea. Chi critica il modo in cui sta nascendo l'unione bancaria ha le sue ragioni. Il meccanismo di gestione delle crisi bancarie è molto incerto per quanto riguarda il paracadute finanziario. Eppure, prevede una cessione di sovranità e una graduale mutualizzazione delle risorse. Nel caso di crisi bancaria, la speranza è che gli strumenti sul tavolo, anche se non ancora pienamente funzionanti, consentano comunque ai paesi di accelerare la messa a regime del nuovo assetto e quindi negoziare una soluzione soddisfacente.
(Nella foto, Michel Barnier, il commissario al mercato unico, 62 anni, in prima linea nelle trattative sull'unione bancaria che deve trovare forma entro la fine della legislatura, fissata per il prossimo aprile)
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