BRUXELLES – Ieri a Berlino, oggi a Parigi, domani a Bruxelles, il nuovo presidente del Consiglio Enrico Letta sta facendo un tour del Nord Europa per spiegare il nuovo corso della politica italiana. Per ora la posizione che molti esponenti europei hanno deciso di assumere nei confronti del nuovo governo italiano è cautamente attendista. La mancanza di un formale programma di coalizione induce alla prudenza, e fa temere litigi nella maggioranza. Ciò detto, il discorso di Letta in Parlamento è stato definito qui a Bruxelles costruttivo.
A piacere, certamente, è stato il tono europeistico del discorso di
investitura del nuovo governo, “nella migliore tradizione italiana”, secondo
l’espressione di un membro dell’entourage del presidente della Commissione José
Manuel Barroso. Alcuni membri dell’esecutivo – Emma Bonino, Fabrizio
Saccomanni, Enzo Moavero – sono garanzia di serietà. C’è la speranza che il
nuovo governo riesca a riequilibrare il potere della Germania, ritenuto
eccessivo anche a Berlino, conseguenza della fragilità dei suoi partner
europei, a iniziare dalla Francia.
Non c’è dubbio tuttavia che l’annuncio di Letta di volere sospendere il
pagamento dell’imposta municipale unica (Imu) previsto in giugno, con
l’obiettivo di riformare una tassa controversa, ha indotto molti a interrogarsi
sul futuro della politica economica, anche perché il premier non ha ancora
precisato come intende ripianare l’eventuale buco di bilancio. La Commissione –
ha detto il portavoce Simon O’ Connor – ha "piena fiducia sulla
determinazione del nuovo governo" a raggiungere i suoi obiettivi di
risanamento dei conti pubblici.
Il governo Monti aveva promesso di ridurre il disavanzo al 2,9% del
prodotto interno lordo nel 2013, dal 3,0% del Pil stimato nel 2012. L’Italia
spera di poter uscire dalla procedura di deficit eccessivo a fine maggio quando
la Commissione pubblicherà nuove raccomandazioni-paese. Ieri O’ Connor ha
sottolineato che in Parlamento Letta ha confermato l’intenzione del paese di
rispettare gli impegni che si è dato. Il messaggio è stato chiaro: cambi di
politica sono legittimi; le nuove scelte vanno però finanziate se il paese
vuole rispettare i suoi obiettivi di bilancio.
In Parlamento, Letta ha anche spiegato che “di solo risanamento
l’Italia muore”. C’è a Bruxelles la consapevolezza che il risanamento del
bilancio deve assumere un ritmo meno incalzante, e gli ultimi dati di disoccupazione
nella zona euro (al 12,1%) rafforzeranno questo sentimento. Secondo molti
esponenti comunitari, tuttavia, l’Italia non può permettersi di perdere quella
credibilità costruita dal governo Monti, e che ha permesso tra le altre cose all’esecutivo
di vendere questa settimana tre miliardi di euro di titoli decennali al 3,94%,
il rendimento più basso dal 2010.
Sul fronte più politico, l’analisi è ambivalente. Qui a Bruxelles si
guarda con soddisfazione alla nascita di un governo di grande coalizione. “La
maggioranza è ampia e questo è positivo – diceva nei giorni scorsi un alto
responsabile europeo –. A differenza del governo Monti i membri sono quasi
tutti politici di professione, e ciò dovrebbe renderlo più stabile”. Ciò detto,
molti conoscono la faziosità e la litigiosità della classe politica italiana.
Notano poi che a differenza di altri paesi non c’è stato un formale accordo di
coalizione.
In Germania, nel 2005 la nascita del governo democristiano-socialdemocratico
era stata preceduta da 26 giorni di trattative, e sancita da un Koalitionsvertrag, un contratto di
coalizione, di 226 pagine (l’esecutivo poi durò l’intera legislatura). La
speranza è che la minaccia rappresentata dal Movimento Cinque Stelle di Beppe
Grillo – fattore nuovo rispetto al governo Monti – tenga i due principali partiti
italiani sulle spine, e induca loro a collaborare il più tempo possibile, accettando
di condividere la responsabilità della possibile impopolarità.
Riassumeva efficacemente ieri mattina il quotidiano svizzero Neue Zürcher Zeitung: “L’Italia è
stretta tra la speranza e Berlusconi”. Il messaggio è lucido, ed è condiviso da
molti a Bruxelles, Berlino e Parigi. Per molti versi, il nuovo governo è
ostaggio di chi da nuove elezioni ha meno da perdere. In questo momento, sulla
base degli ultimi risultati elettorali, dei sondaggi popolari e in generale
degli equilibri politici nella grande coalizione che si è appena formata, questo
ruolo è in mano al Popolo della Libertà di Silvio Berlusconi.
B.R.