Irlandesi nel mondo, tornate a casa! 27/01/13

DUBLINO – Anche in gennaio l'accogliente Gresham Hotel sulla O'Connell Street è occupato da gruppi di turisti americani. Nella lobby, eleganti signori aspettano il pullman che li porterà a visitare i dintorni di Dublino e i luoghi d'origine dei loro avi. Parlano con l'accento del Midwest, e degli antenati irlandesi è rimasto ben poco. Ma sono alla ricerca delle radici e per molti il viaggio in Irlanda è un passaggio obbligato della Bildung, della loro formazione familiare, un po' come per i presidenti americani è una tappa necessaria della campagna elettorale.


Nello
stesso modo in cui Daniel Mendelssohn nel suo libro Gli scomparsi cerca
di ricomporre la vita dei suoi famigliari morti durante l'Olocausto, gli
irlandesi d'America vogliono ritornare sulle tracce dei lontani parenti
che oltre Oceano hanno spesso fatto fortuna. Mentre in famiglia
coltivano gli alberi genealogici e si trasmettono i ricordi personali,
tornando nell'isola vogliono rivedere il villaggio d'origine dei loro
avi e magari incontrare un lontano cugino. L'Irlanda spera che i turisti
della memoria saranno quest'anno ancor più frequenti.
Il governo ha
deciso che il 2013 sarà l'anno dell'Irish Gathering, del raduno
irlandese. Vuole incoraggiare chi abbia radici in questo Paese a
visitare la terra dei propri avi. Gli obiettivi sono economici, ma anche
politici. Sono 70 milioni in tutto il mondo le persone con origini
irlandesi (mentre gli abitanti dell'isola sono meno di cinque milioni). I
loro antenati hanno lasciato il Paese nel Settecento mentre
combattevano a fianco degli inglesi; nell'Ottocento durante la terribile
carestia di metà secolo; e anche nel Secondo dopoguerra. Evelyn Waugh
amava dire che storicamente gli irlandesi avevano due alternative:
l'inferno e gli Stati Uniti.
«In un primo tempo – spiega Aidan
Pender, direttore di Fáilte Ireland, l'ufficio nazionale del turismo –,
il nostro obiettivo era di incitare tutti coloro che avessero qualche
goccia di sangue irlandese a visitare la patria degli antenati. Poi
abbiamo deciso di allargare l'iniziativa a tutti coloro che hanno legami
con il nostro Paese, di lavoro, di studio, di famiglia». Il governo
spera che nel corso del 2013 almeno 325mila persone verranno in Irlanda
per partecipare agli oltre duemila raduni tematici che sono stati
organizzati finora in tutto il Paese.
Storico Paese d'emigrazione, la
povera Irlanda ha seminato il mondo di Kelly, Murphy e O' Neill.
Secondo Roy Foster, uno dei maggiori storici irlandesi del Novecento, a
lasciare il Paese tra il 1815 e il 1845 furono almeno un milione di
persone. Altri tre milioni sono partiti tra il 1845 e il 1870. Nel 1890,
il 39% degli irlandesi nati in Irlanda abitavano all'estero. Il governo
stima che la diaspora conti oggi 40 milioni di persone negli Stati
Uniti, cinque milioni in Canada, oltre due milioni in Australia, 600mila
in Argentina e addirittura più di un milione in Italia.
Dietro
all'insolita iniziativa del governo, c'è senza dubbio il risvolto
economico. Pender spera che questi turisti spenderanno fino a 200
milioni di euro durante la loro permanenza in Irlanda. A quattro anni
dallo scoppio della bolla immobiliare e dal salvataggio in extremis
degli istituti creditizi, il Paese ha fatto passi avanti. La
disoccupazione è ancora elevata, ma l'economia è cresciuta negli ultimi
due anni, e gli obiettivi di bilancio sono stati superati (forse anche
perché particolarmente prudenti). La strada del risanamento tuttavia è
ancora lunga.
Il governo del primo ministro Enda Kenny spera di
potersi affrancare dal sostegno finanziario europeo alla fine dell'anno.
«Uscire dal programma e riguadagnare la nostra piena sovranità non sarà
facile – spiega Philip Lane, professore al Trinity College –. Quando la
Banca centrale europea, il Fondo monetario internazionale e la
Commissione europea lasceranno Dublino, il Paese avrà nuovi vincoli: non
più i creditori internazionali, ma i mercati finanziari». Forse più di
altri Paesi aiutati dall'Europa, l'Irlanda soffre della riduzione della
propria sovranità nazionale.
In questo senso, l'Irish Gathering non
ha solo obiettivi economici; ha anche risvolti nazionalisti. Il governo
Kenny rivendica che il piccolo Paese proiettato nell'Atlantico è la
patria di 12 premi Oscar (tra cui Liam Neeson per La lista di
Schindler
), sette premi Nobel (fra i quali Samuel Beckett), 24 campioni
olimpici, e ha dato origine alla fotografia a colori, ai sottomarini e
ai seggiolini eiettabili. Avevano origini irlandesi il fondatore della
marina argentina William Brown, il premier inglese James Callaghan, e
anche Guillén de Lampart, il leader indipendentista messicano.
Il
nazionalismo irlandese è il frutto dell'insularità del Paese, della
lotta secolare contro la dominazione inglese, del l'identità cattolica.
Nel 1916, il poeta Patrick Pearse proclamò la nascita della Repubblica
«nel nome di Dio e delle generazioni perdute…». Il gaelico è lingua
ufficiale insegnata nelle scuole; la cultura celtica è celebrata nei
musei, e nei pub; la neutralità è un pilastro della politica nazionale.
Nel 1945, il premier Éamon de Valera si recò dal rappresentante tedesco a
Dublino per presentargli le condoglianze dopo la morte di Adolf Hitler.

Da sempre, gli immigrati – peraltro celebrati nella Costituzione –
sono uno strumento politico. Negli anni Venti, furono chiamati a
finanziare la lotta per l'indipendenza; e poi nel Secondo dopoguerra ad
appoggiare l'Esercito repubblicano irlandese. Non è un caso se la legge
sulla cittadinanza è permissiva: permette anche a chi ha un nonno
irlandese di ricevere la nazionalità. La festa di San Patrizio è sempre
l'occasione per l'Irlanda di coltivare i legami con gli emigrati. Il 17
marzo a Chicago, il fiume della città viene colorato di verde, il colore
nazionale.
Anche i signori riuniti nella lobby del Gresham Hotel
sembrano optare per il verde nel loro abbigliamento. O è forse solo
un'illusione ottica? Di questi tempi, lo spirito nazionale è un'arma a
doppio taglio. Dà la carica a una pubblica opinione chiamata a
straordinari sacrifici, ma può anche minare il sentimento europeista di
una popolazione già ambivalente. Il Paese ha approvato il nuovo patto di
bilancio europeo, dopo aver tentennato sui Trattati di Nizza e Lisbona,
ma nell'ultimo Eurobarometro solo un terzo degli irlandesi pensa che
l'Europa stia andando nella giusta direzione. B.R.