Auto, la Commissione riflette alla propria politica economica – 18/01/13

BRUXELLES – L'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, ha salutato ieri a Milano il nuovo «realismo» e la nuova «visione strategica» delle autorità comunitarie sulla gravità della crisi nel mercato automobilistico. La partita che la Commissione europea sta conducendo in questo delicatissimo settore dell'economia è però lunga e ardua; riflette peraltro un dibattito di più lunga lena sulle politiche liberali che hanno caratterizzato gli ultimi decenni in Europa.


Dinanzi alle enormi difficoltà delle imprese automobilistiche
europee, a fine 2012, il commissario all'Industria, Antonio Tajani, ha
organizzato diversi incontri: con le aziende produttrici, con i
sindacati e anche con i governi nazionali. Il tentativo è di trovare una
risposta europea alla crisi di un settore che dà lavoro a 12 milioni di
persone. Proprio questa settimana Renault ha annunciato di dover
tagliare entro il 2016 in Francia 7.500 posti di lavoro su un totale di
44mila.
Il problema dell'auto europea è segnato da una evidente
sovraccapacità dell'industria. Numerosi costruttori vorrebbero in questa
circostanza una riduzione concertata degli stabilimenti produttivi e
della forza lavoro. Molti osservatori ricordano la ristrutturazione
sotto l'egida europea condotta negli anni 70 e 80 nel settore della
siderurgia. Il contesto giuridico, politico ed economico è però diverso,
non fosse altro perché all'epoca le aziende siderurgiche erano
tendenzialmente in mani pubbliche.
Ai tempi, l'interventismo dello
Stato nell'economia era un elemento di politica economica. Da allora, le
cose sono cambiate, in un contesto nel quale la nascita del mercato
unico nel '92 è stato accompagnata da politiche più liberali. Oggi, è
difficile per la Commissione intervenire in questo campo, come ha
ammesso più volte lo stesso Tajani: «Non spetta a noi dire: dovete o non
dovete chiudere – ha ripetuto spesso Tajani –. Noi possiamo solo
accompagnare le ristrutturazioni».
La Commissione è pronta però a
istituire gruppi di lavoro tutte le volte che vi sono piani di
ristrutturazione. Il compito di questi organismi ad hoc è di aiutare i
lavoratori facendo una ricognizione dei diversi fondi disponibili
(europei, nazionali, regionali) e spingendo a una collaborazione tra
istituzioni comunitarie, rappresentanti industriali, parti sociali e
stati membri. Parallelamente, in novembre, la Commissione ha presentato
un piano d'azione per il settore automobilistico intitolato Cars 2020.
Il
pacchetto di più lungo periodo prevede tra le altre cose misure per
promuovere gli investimenti nelle tecnologie avanzate e
nell'innovazione, per migliorare le condizioni di mercato, per
facilitare gli investimenti nella formazione. Più in generale, c'è la
consapevolezza in molti esponenti della Commissione della necessità di
rivedere la propria strategia dinanzi alla drammatica crisi economica,
adattando le politiche liberali degli ultimi decenni in un contesto di
crescente protezionismo. Nelle trattative commerciali, l'esecutivo
comunitario vuole assicurarsi che gli accordi di libero scambio si
accompagnino a una abolizione di ostacoli non-tariffari. In campo
ambientale, la Commissione sta anche discutendo dell'adozione di una
politica che sia ecologica ma anche realistica rispetto alle concrete
possibilità dell'industria, anche nel confronto internazionale. Nel
settore regolamentare, l'esecutivo comunitario vuole modernizzare le
norme sugli aiuti di stato.
La partita dell'auto è per certi versi
solo un tassello (pur importante) di una riflessione più ampia sul modo
in cui l'Europa vuole affrontare i mercati globali. Il confronto nella
Commissione è tra coloro che credono nel libero mercato e ricordano come
nonostante tutto l'auto europea registri un attivo commerciale di 90
miliardi di euro (nel 2011) e coloro che invece temono le ricadute
sociali della crisi. Proprio oggi i commissari saranno riuniti in
seminario per discutere del ruolo dell'industria nell'economia europea. B.R.