I ministri delle Finanze della zona euro hanno trovato nella notte scorsa un accordo per ridurre il debito pubblico greco e tentare di ridare fiducia alla Grecia, un paese alle prese da tre anni con una gravissima crisi economica. Il pacchetto prevede tutta una serie di misure per alleviare gli impegni finanziari del paese mediterraneo: un taglio dei tassi d’interesse sui prestiti concessi alla Grecia, un allungamento delle scadenze delle linee di credito, una moratoria sul servizio del debito, e una delicata operazione di riacquisto di titoli greci sul mercato secondario. Si possono criticare i modi in cui la politica europea ha peggiorato la situazione economica e sociale in Grecia; ma almeno questa settimana i paesi della zona euro hanno dimostrato una certa solidarietà. L'obiettivo è di ridurre il debito greco, oggi al 160% del prodotto interno lordo, per portarlo al 124% del PIL nel 2020, dopo che il passivo avrà toccato un picco intorno al 195% del PIL nei prossimi due anni, secondo le stime del Fondo monetario internazionale. Funzionerà? Molti economisti lo dubitano. In realtà, poco importa. Più importante è una frase lunga e sibillina contenuta nel comunicato pubblicato questa notte: “I paesi membri della zona euro valuteranno – se necessario – nuove misure e assistenze (…) in modo da raggiungere una ulteriore riduzione credibile e sostenibile del rapporto debito-PIL greco”. Pur relativa al futuro a medio termine, quando la Grecia sarà tornata ad avere un attivo di bilancio primario, la presa di posizione è politicamente molto significativa. Apre la porta a un possibile condono del debito greco da parte dei suoi creditori, oggi appartenenti soprattutto al settore pubblico. D'altro canto, il programma di risanamento è particolarmente ambizioso: l'obiettivo che si sono dati la Troika e la Grecia è di diminuire il debito pubblico greco "significativamente sotto il 100% del PIL" nel 2022. Misure straordinarie a un certo punto appaiono inevitabili. Interpellato sul significato reale della presa di posizione, il ministro delle Finanze francese Pierre Moscovici ha affermato che la frase citata è segnata da una "ambiguità costruttiva".
La trattativa di queste settimane è stata guidata dal Fondo monetario internazionale, che da tempo insiste perché i governi accettino di condonare almeno in parte il debito greco. Alcuni paesi finora si sono opposti. Ma la frase citata è indicativa di come l'Eurogruppo abbia cercato un compromesso e di quanto si sia ammorbidita la posizione tedesca. Solo due anni e mezzo fa la Germania si rifiutava di prestare denaro ai suoi vicini; citava quasi quotidianamente l'articolo dei Trattati che vieta il salvataggio di un paese da parte dei suoi partner; era preoccupata, se non addirittura ossessionata, dall'azzardo morale. Questa notte, bene o male, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha aperto la porta a un condono del debito greco, nonostante gli evidenti risvolti politici e morali di questa scelta. Seppur da verificare nella pratica, si tratta di un passaggio cruciale. Nei fatti, l'intesa prevede che se ne discuta nella seconda parte del decennio, dal 2015-2016, ma se l'operazione di riduzione del debito attraverso misure meno radicali non funzionasse – come possibile – l'idea di una ristrutturazione rischia di essere rapidamente d'attualità. Il condono del debito può essere valutato in vari modi. Da un lato, può essere visto come immorale e ingiusto; dall'altro, come inevitabile, e forse anche indispensabile. Concretamente, questa eventualità sarebbe un nuovo passo importante verso una mutualizzazione dei debiti pubblici, al di là delle molte proposte sugli eurobonds e sul fondo di riscatto (debt redemption fund, in inglese). La partita è tutta da giocare. Ci saranno alti e bassi, e molte incertezze – lo stesso benestare della pubblica opinione tedesca non è ancora garantito – ma dietro all'accordo notturno su un nuovo pacchetto di aiuti alla Grecia potrebbe nascondersi un progresso che va ben oltre il caso greco e la necessità di risolvere la crisi debitoria, e riguarda per molti versi il futuro stesso dell'unione monetaria.
(Nella foto, il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, 57 anni, la notte scorsa a Bruxelles durante la conferenza stampa che ha concluso la riunione dei ministri delle Finanze della zona euro dopo 13 ore di negoziato)
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