Unione bancaria – La battaglia sui sistemi di voto e i rischi per l’integrazione

Il Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel 2009, ha rivisto le regole di voto nell'Unione, abbandonando in molti casi la regola dell'unanimità dei paesi, e privilegiando la maggioranza qualificata. Le trattative su una futura unione bancaria – prima di tutto attraverso il passaggio della vigilanza creditizia dagli stati membri dell'euro alla Banca centrale europea – potrebbe però portare a una clamorosa e desolante inversione di tendenza. Andrea EnriaIl nodo più controverso, politicamente più delicato, riguarda la governance. Fino a che punto sono pronti i paesi ad accettare una cessione di sovranità sul fronte della sorveglianza bancaria? Da più parti, i segnali lasciano trapelare il possibile ritorno della regola dell'unanimità, se non nei fatti almeno mascherata, gettando una ipoteca sulla futura integrazione della zona euro. Oggi in un intervento dinanzi a una commissione del Parlamento europeo, il presidente dell'Autorità bancaria europea Andrea Enria ha ricordato che, con il trasferimento della vigilanza bancaria dagli stati membri alla BCE, l'EBA continuerà ad avere un importante compito regolamentare per tutta l'Unione europea. Per paura di essere messi sistematicamente in minoranza dai 17 stati membri della zona euro, i 10 paesi extra unione monetaria stanno negoziando un cambiamento delle modalità di voto, chiedendo per sé più potere. Enria ha spiegato: "Capisco questa loro preoccupazione, ma sono molto preoccupato dalla possibilità che la soluzione possa comportare un semplice aumento dei voti necessari per approvare una proposta, fino ad arrivare vicino al principio dell'unanimità".


Riferendosi sempre al lavoro dell'EBA, il banchiere centrale ha quindi aggiunto: "La nostra abilità nel
decidere potrebbe essere allora seriamente ostacolata. Suggerirei quindi
che si rifletti a nuovi meccanismi di voto, meno basati sulla
rappresentanza e sul peso dei paesi". Enria ha così messo l'accento su un sistema di voto che è
troppo legato alla rappresentanza del singolo paese, e che 
indirettamente privilegia l'interesse nazionale sull'interesse europeo. La presa di posizione è molto
interessante. Giunge mentre la Germania vuole che i voti nel futuro
consiglio di sorveglianza presso la BCE siano ponderati, garantendosi un
ruolo chiave in molte decisioni, visto il peso economico e
demografico della Repubblica Federale. Per l'istituto monetario sarebbe un clamoroso passo indietro. Finora, il consiglio direttivo della banca ha funzionato sulla base della maggioranza semplice, un banchiere centrale-un voto. Nei fatti, l'ambiziosa riforma della vigilanza bancaria sta inducendo gli stati membri a porre nuovi paletti, sia all'EBA che alla BCE. D'altro canto, il passaggio è cruciale: prevede un'importante e delicata cessione di sovranità. Con una punta di polemica, Enria ha ricordato nel suo intervento di stamani che "l'EBA deve prendere decisioni tecniche utili per il mercato unico, non creare compromessi tra i rappresentanti degli stati membri". Agli occhi del banchiere centrale vigilare sulle banche o regolamentare il mercato interno dando ai paesi un voto ponderato è pericoloso per la stessa efficacia della vigilanza bancaria, che verrebbe inquinata dagli interessi nazionali dei più forti. Il rischio è di riformare a metà la sorveglianza creditizia, senza trasferire il potere al centro, ma piuttosto mantenendo un diritto di veto alla periferia. Il dibattito di queste settimane è tanto più delicato che a un certo punto i paesi dovranno anche adottare uno schema di garanzia dei depositi e un sistema di risoluzione delle banche, ambedue in solido. Una scelta riduttiva alla BCE o all'EBA in occasione della riforma della vigilanza creditizia sarebbe probabilmente un pessimo precedente per il futuro dell'unione bancaria e per lo stesso processo di integrazione della zona euro.

 

(Nella foto, Andrea Enria, 51 anni, presidente dell'Autorità bancaria europea)

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