L'establishment politico europeo ha in programma un inizio 2012 carico di appuntamenti istituzionali. Oltre a un Eurogruppo il 23 gennaio e un consiglio europeo il 30, il premier Mario Monti incontrerà il presidente francese Nicolas Sarkozy a Parigi venerdì, e il cancelliere Angela Merkel a Berlino mercoledì. Il 9 è anche previsto un vertice franco-tedesco. L'obiettivo del presidente del consiglio è certamente di informare i partner sulle ultime decisioni di politica economica in Italia e di rassicurare Francia e Germania sugli sforzi italiani nel risanare i conti pubblici e rendere la propria economia più competitiva. Ma nelle intenzioni del primo ministro ci sarà anche l'obiettivo di rendere più coerente e credibile la risposta europea alla crisi debitoria che sta colpendo alcuni paesi della zona euro; altrimenti gli sforzi italiani rischiano di rivelarsi drammaticamente vani. Mi spiego meglio. Dietro al forte aumento del divario tra i rendimenti obbligazionari italiani e tedeschi non si nascondono solo i gravi e colpevoli ritardi dell'Italia rispetto alla virtuosa Germania. Lo spread è anche il riflesso di un'Europa che per ora non è riuscita a convincere i mercati finanziari sulla sua solidità, sulla sua capacità a dare una risposta politica convincente allo sconquasso finanziario. Una conferma indiretta giunge dall'andamento dello spread svedese-finlandese, in aumento nelle ultime settimane.
Ambedue sono paesi scandinavi. Ambedue hanno una tradizione di rigore finanziario. Eppure, nelle ultime settimane il divario tra i due rendimenti obbligazionari è aumentato. In parte la differenza sta nella partecipazione di Helsinki, a differenza di Stoccolma, alla zona euro. Mentre il governo svedese gode di piena autonomia monetaria – e può stampare denaro liberamente -, il governo finlandese è legato alla Banca centrale europea e alle regole dell'unione monetaria. Al netto di altre considerazioni, i mercati stanno premiando i paesi che hanno piena sovranità economica e stanno invece penalizzando gli stati che devono sottostare alle norme della zona euro (tra le altre cose il divieto di monetizzare il debito). L'aumento dello spread svedese-finlandese ha registrato un picco il 24 novembre 2011 in coincidenza con un'asta di titoli pubblici tedeschi parzialmente fallita (fosse solo anche per motivi puramente tecnici). Nel grafico la linea verde corrisponde al rendimento decennale finlandese, quella rossa al rendimento decennale svedese. Quest'ultimo è addirittura calato. Per certi versi la stessa chiave di lettura spiega il buon andamento dei rendimenti pubblici americani o inglesi, nonostante lo stato disastroso delle loro finanze pubbliche. Poco importa se i mercati hanno torto o ragione: i rischi per il servizio del debito degli stati membri della zona euro sono evidenti. In questo senso, gli incontri di Mario Monti nelle prossime settimane non potranno limitarsi a rassicurare i partner europei sull'impegno italiano. Devono servire anche a mettere a punto una nuova strategia europea per evitare che gli sforzi dell'Italia siano per molti versi inutili. Non per caso cresce la consapevolezza della necessità di trovare un giusto equilibrio nel risanamento dei conti pubblici, che rassicuri i mercati ma senza penalizzare la crescita economica e soprattutto senza peggiorare le tensioni sociali. Più in generale, due almeno sono le strade percorribili: la mutualizzazione graduale dei debiti nazionali e un'azione più incisiva da parte della BCE per calmare i mercati. Chissà se l'arrivo dei quarantenni Jörg Asmussen e Benoît Coeuré nel comitato esecutivo dell'istituto monetario possa comportare atteggiamenti più accomodanti nell'acquisto di debito pubblico?
(Nella foto, il cancelliere Merkel, il presidente Sarkozy e il premier Monti a Strasburgo il 24 novembre 2011 – Nel grafico, l'andamento dei rendimenti decennali svedese e finlandese)
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