Secondo molti osservatori, il modo migliore per risolvere la crisi debitoria è di affidare alla Banca centrale europea il compito di prestatore di ultima istanza, non solo nei confronti delle banche ma anche nei confronti degli stati. Francesi, inglesi e anche italiani sono convinti che se la BCE acquistasse debito pubblico sui mercati, un po' come ha fatto finora la Federal Reserve negli Stati Uniti e la Banca d'Inghilterra in Gran Bretagna, ridarebbe fiducia agli investitori e spezzerebbe il circolo vizioso tra debiti sovrai e bilanci bancari. Finora la Germania ha bloccato questa ipotesi perché ai suoi occhi si tratterebbe di monetizzazione del debito, una strada per lei inaccettabile e vietata dai Trattati. Eppure, mi sembra che le cose stiano cambiando, se non ancora a Berlino, almeno a Bruxelles. La Commissione Europea ha sempre tenuto un basso profilo sulla strategia della banca, preferendo non entrare in rotta di collisione con la BCE, contraria (per ora?) all'idea di diventare prestatore di ultima istanza. Negli ultimi giorni, con il riacutizzarsi della crisi e forse anche per via dell'arrivo di Mario Draghi alla guida della banca, l'atteggiamento sta cambiando. Ieri a Parigi, il presidente della Commissione José Manuel Barroso ha spiegato: "Dovrebbe la banca centrale essere anche responsabile della stabilità finanziaria oltre che della stabilità dei prezzi? La mia risposta è sì, certo". Il riferimento alla stabilità finanziaria è in parte nuovo e comunque non è banale, tenuto conto che finora l'esecutivo comunitario si era limitato a sostenere gli acquisti di obbligazioni sui mercati che la BCE sta effettuando per garantire la trasmissione della politica monetaria. La presa di posizione di Barroso giunge mentre da più parti si ritiene che la BCE debba avere un ruolo più incisivo, più radicale. Non tutti sono d'accordo. La Germania, e altri paesi vicini alla Repubblica Federale come l'Olanda o il Lussemburgo, continuano a frenare.
Il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, si è preso la briga lunedì di ricordare la posizione della banca centrale tedesca, fortemente contraria a questa idea: "La BCE non può e non deve risolvere i problemi di solvibilità degli stati e delle banche". Non è un caso se il governatore tedesco abbia voluto sottolineare la sua posizione. Della questione si parla informalmente sempre più spesso. E' stata fatta propria dalla Francia e soprattutto dalla Gran Bretagna. Per ora l'atteggiamento del neo presidente della BCE Mario Draghi è rimasto in linea con la dottrina della BCE. Nella sua prima conferenza stampa ha affermato solennemente che gli acquisti di obbligazioni sono limitati nel tempo e nelle quantità (in tutto appena 190 miliardi di euro). Lo ha fatto in parte perché i tempi per un atteggiamento diverso non sono ancora maturi e perché segnali in questo senso potrebbero provocare una deresponsabilizzazione dei paesi chiamati a risanare i conti pubblici e a rilanciare l'economia (l'Italia in primis). Eppure, come non pensare che la questione sia dibattuta anche a Francoforte? Acquisti a piene mani di debito pubblico europeo comportano vantaggi e svantaggi. Tra le controindicazioni non solo aspetti politici, ma anche di funzionamento del mercato monetario. Al tempo stesso, oggi in una tavola rotonda a Bruxelles, André Sapir, professore all'Université Libre de Bruxelles, faceva giustamente notare che "il Trattato di Maastricht colpevolmente non dice nulla sulla necessità di salvaguardare la stabilità finanziaria" e che "l'assetto della zona euro è stato messo a punto senza prevedere crisi di questo tipo". L'intervento dell'istituto monetario diventa ogni giorno che passa sempre più giustificato. A margine di un incontro della Commissione Trilaterale domenica all'Aja, Peter Sutherland, l'ex commissario europeo, mi ha spiegato: "La BCE non è stata concepita quale prestatore di ultima istanza, ma tra i suoi obblighi vi è il mantenimento della stabilità finanziaria. Le dichiarazioni politiche sono importanti nel segnalare i confini del suo potenziale ruolo in una situazione ambigua come quella attuale". Tra le righe Sutherland ha voluto dire che con l'appoggio della politica la banca centrale potrebbe assumere nuove responsabilità, anche se non perfettamente in linea con i Trattati. In questo senso, la presa di posizione di Barroso è significativa. Finora la Germania si è opposta anche a questa soluzione, ma proprio questa settimana il cancelliere Angela Merkel ha parlato della necessità di una maggiore integrazione politica della zona euro. Che anche i tedeschi possano a un certo punto cambiare idea?
(Nella foto, il presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso)
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