Udo Di Fabio, il giudice (italo-tedesco) che disegnerà il futuro dell’Europa?

In un momento così delicato sarà la Corte costituzionale tedesca a sancire il declino definitivo dell’Unione monetaria? Il timore di molti è legato all’attesa decisione del tribunale di Karlsruhe che in autunno pubblicherà la sentenza sui ricorsi che le sono stati presentati contro gli aiuti tedeschi alla Grecia, al Portogallo e all'Irlanda. Una bocciatura avrebbe effetti politici dirompenti, in Germania e in Europa. Sappiamo molto dei ricorrenti: sono sei professori, deputati, economisti e giuristi, tutti euroscettici, convinti che il governo federale abbia violato la legge tedesca e comunitaria quando ha deciso di aiutare finanziariamente questi paesi. Udo di Fabio Poco invece sappiamo dei giudici da cui dipende in ultima analisi la decisione. Chi scriverà la sentenza è Udo Di Fabio, un giurista di 56 anni, di origine italiana. In un ritratto di qualche anno fa, la Süddeutsche Zeitung lo definiva "un conservatore in rosso", riferendosi al colore della toga dei giudici costituzionali. L'uomo, padre di quattro figli, è ormai un personaggio pubblico in Germania. Scrive spesso lunghi articoli per la Frankfurter Allgemeine Zeitung nei quali incrocia nozioni giuridiche, principi etici, idee filosofiche. Non ha mai nascosto le sue idee conservatrici tanto da farsi il difensore come pochi altri giuristi di una "società dei valori". Suo nonno arrivò in Germania subito dopo la Prima guerra mondiale dall'Abruzzo, e lavorò per lunghi anni come operaio nelle fabbriche della Thyssen. La famiglia ha messo rapidamente radici tra la Ruhr e la Renania. Già il padre di Udo si sentiva pienamente tedesco. Il giurista, il primo nipote di un Gastarbeiter a diventare giudice costituzionale, non parlerebbe neppure l'italiano, secondo la stampa.

 


Il viso segnato da una leggero velo di barba,  una five–o’clock shadow direbbero gli americani, Udo Di Fabio è nato nel 1954 a Duisburg, il porto sul Reno. Ha studiato sociologia e giurisprudenza e dopo essere stato professore universitario per qualche anno a Münster, Bonn, Monaco e Treviri è stato nominato alla Corte costituzionale nel 1999 (a 45 anni fu il giudice più giovane mai nominato a Karlsruhe). Il giurista liberale crede nelle istituzioni, nel ruolo sociale del matrimonio e della famiglia, nella libera concorrenza. In una recente intervista ha ricordato gli anni 50 quando il "duro lavoro" era premiato. Oggi nota "disorientamento" e "mancanza di impegno". Parlando al settimanale Focus nel febbraio scorso, Udo Di Fabio si è espresso sulla gestione della crisi debitoria nella zona euro: "Vi è certamente l'idea di solidarietà nel concetto stesso di Unione, ma l'autonomia finanziaria degli stati membri rimane un principio dominante dell'organizzazione" europea. Nel 2009, analizzando il Trattato di Lisbona, la Corte aveva spiegato che rappresentanza e democrazia sono ancora oggi a livello nazionale così che i parlamenti statali – e quindi il Bundestag – devono continuare ad avere un ruolo preminente nell'iter decisionale europeo. Mercoledì, durante la prima udienza sul ricorso presentato contro i paracaduti finanziari a favore dei paesi in crisi, il giurista è tornato su questo aspetto. Ha preso atto di come negli ultimi due anni il parlamento sia stato coinvolto nelle scelte politiche europee, ma si è chiesto pubblicamente se deputati eletti per una legislatura di quattro anni possano impegnare finanziariamente il paese, in ambito internazionale, per periodi molto lunghi. Dall'esterno, la Corte costituzionale tedesca può apparire spesso rigida, inflessibile, quasi euroscettica in materia europea. Se dovesse approvare gli aiuti ma rinnovando la sua richiesta di un maggior coinvolgimento del parlamento tedesco nella politica europea molti vi intravedrebbero l'ombra di una Germania nazionalista. In realtà, la Corte è per molti versi un pungolo nel fianco dei governi. Non è contraria d'emblée a una maggiore integrazione tra gli stati membri. Piuttosto crede che l'integrazione debba avvenire seriamente, rispettando le regole esistenti, e soprattutto tenendo conto dei livelli di democrazia oggi prevalenti. Fin tanto che le grandi scelte politiche avvengono attraverso il consesso dei governi, fa capire il tribunale, la rappresentanza popolare è nazionale, non europea. Ecco il perché del richiamo al ruolo del Bundestag. All’improvviso, rovesciando le prospettive, la Corte può anche essere vista come un modello di europeismo. In questo senso, la sentenza che Udo Di Fabio è chiamato a redigere nei prossimi mesi potrebbe essere a seconda dell’ottica in cui la si leggerà l’ennesimo segnale di un paese chiuso su se stesso, e di conseguenza una nuova giustificazione per l'immobilismo della classe politica, ma anche una possibile traccia per rafforzare l’Unione e magari uscire dalla crisi

 

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(Nella foto, il giudice costituzionale Udo Di Fabio in un'immagine recente)

  • Beda Romano |

    Grazie molte Paolo T. Infatti i ricorsi riguardano una presunta violazione della legge tedesca, prima di tutto. Incidentalmente i ricorrenti affermano che i governi nazionali avrebbero anche violato i Trattati Europei. Il tribunale tedesco può decidere di rinviare la questione alla Corte europea di Giustizia. Non sarebbe un atto privo di valenza politica, in questo caso.
    B.R.

  • Paolo T. |

    Sul punto mi permetto di segnalare un’interessante lettera scritta dal Prof. Piet Eeckhout, direttore del Center of European Law del King’s College di Londra, al Financial Times: http://www.ft.com/cms/s/0/8d5f4e9e-a828-11e0-9f50-00144feabdc0.html

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