Lo stage in azienda o in ufficio? In Germania si comincia a 15 anni

Lo stage in un ambiente lavorativo, in azienda o in ufficio, è uno dei pilastri su cui si basa non solo l'economia tedesca, ma la stessa vita in società in questo paese. Lo stesso Walther Rathenau diceva che "l'economia è il destino della Germania". Fin dai 15 anni, i ragazzi fanno un Praktikum, in altre parole per qualche giorno o per qualche settimana vanno a fare esperienza fuori dalla scuola in un ambiente professionale. Per gli studenti degli istituti tecnici la via maestra è l'azienda o la fabbrica. Per coloro invece indirizzati verso una professione intellettuale le possibilità sono infinite. Praktikum a Muenster Tutte le società tedesche, piccole o grandi, organizzano stages e periodi di apprendistato, questi ultimi riservati a coloro che stanno lasciando la scuola o sono già all'università. Molto spesso, anche nelle società più piccole, c'è un ufficio apposito che si occupa di valutare le domande, accogliere i candidati, organizzare il loro soggiorno nell'impresa. Fare atto di candidatura non è una passeggiata. Un ragazzo di 15 anni deve scrivere una lettera di motivazione, presentare le ultime pagelle e gli eventuali diplomi, battere la concorrenza, che soprattutto nelle grandi aziende nazionali è accerrima. In molti casi gli stessi contratti collettivi prevedono il salario minimo da versare all'apprendista. C'è il desiderio delle imprese di trovare nuovi potenziali dipendenti, ma anche di partecipare in prima persona allo sforzo del paese nel preparare le giovani generazioni, trasmettere loro esperienza professionale e preparazione tecnica. Insomma cercare di dare loro un futuro.

Altri in Europa hanno tentato la stessa via, come la Francia o l'Italia, ma spesso con risultati modesti. Anche in Germania, come in molti paesi europei, cresce la paura del precariato (proprio questa settimana il sindacato metalmeccanico IG Metall ha annunciato una campagna di sensibilizzazione). C'è evidentemente il rischio che il Praktikum si allunghi a non finire, trasformandosi in un lavoro precario poco remunerato. Eppure, in Germania la disoccupazione giovanile, delle persone con un'età inferiore ai 25 anni, è bassa rispetto a quella di altri paesi: dell'8,6% secondo gli ultimi dati di Eurostat, rispetto al 19,1% della Gran Bretagna, al 24,9% in Francia, al 28,% in Italia, al 43,6% in Spagna. Lo stage bene o male sembra funzionare. A questo proposito, nei giorni scorsi, sfogliando il catalogo di una mostra del Deutsches Historisches Museum dedicata ad Adolf Hitler, di cui tanto si è parlato sulla stampa europea, ho fatto una scoperta indicativa. Tra i curatori – accanto a celebri autori, noti consulenti e famosi biografi – sono elencati, sotto alla testatina Praktikanten, anche i nomi degli otto giovani che hanno partecipato alla preparazione del volume e dei quattro giovani che hanno aiutato alla realizzazione dell'esposizione. Mi chiedo se questo riconoscimento sarebbe stato possibile in altri paesi o se invece non avrebbero avuto la meglio una tendenza alla gerontocrazia e le abitudini protezioniste di molti ambienti professionali.

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(Nella foto, tratta da Internet, studenti liceali di Münster durante uno stage in un laboratorio universitario)

  • Der Pilger |

    Si’, per cambiare una societa’ i tempi sono quelli (o piu’ lunghi) e si parte dall’educazione delle nuove generazioni.
    Quello che rilevo e’ che gli italiani che arrivano qui molto spesso si trasformano in probi cittadini, a volte piu’ intransigenti dei tedeschi riguardo le regole. Si dira’ che quelli che emigrano hanno gia’ una certa predisposizione, ma e’ bello pensare che persone di un certo tipo vivano comunque in italia e (azzardo) forse sono la maggioranza.

  • andrea vanzetto |

    Pilger, hai colto il punto. La cosa non mi fa piacere, ma mi sono dovuto convincere che, in qualche modo, sono “diversi”.
    Nell’esempio che fai, da noi nessuno prenderebbe il n° di targa, perché 9 persone su 10 troverebbero del tutto normale lo sgarro (visto che farebbero esattamente la stessa cosa) e la decima persona, qualora prendesse il n° di targa sarebbe vista/additata come rompiscatole, pignola, che non si fa i fatti suoi, rovina-padri-di-famiglia, etc. etc.
    Quindi, pur concordando che la Weltanschauung si può cambiare, non vedo COME sia possibile cambiarla in italia. Infatti questo implicherebbe un rovesciamento completo del sistema (dis)valoriale della “società” (termine etimologicamente quanto mai inadatto alla nostra realtà) italica o, per meglio dire, della maggior parte di essa. Anche ammesso di trovare il modo, sarebbe un processo trans-generazionale (minimo 50 anni) e temo che l’Europa non ce ne lascerà il tempo… 🙁

  • Franz Biberkopf |

    Questo genere di cose non è importabile in Italia…la Germania è un paese serio, l’Italia no. Guardate cosa hanno combinato qui con la riforma universitaria del 3+2(Berlinguer), mutuata dal modello europeo:frammentazione dello studio, preparazione degli studenti ridicola, esami infiniti, stage obbligatori che diventano vere forme di sfruttamento del lavoro non retribuito. I ragazzi verrebbero sfruttati, getterebbero via il loro tempo in tirocini inutili e si troverebbero punto e daccapo. Ricordate:l’Europa, in questo, ci va troppo grande di taglia.

  • Der Pilger |

    andrea, dire che certe cose in germania funzionano perche’ “son tedeschi” implica una sorta di “genetica culturale” (memetica?) di fronte alla quale c’e’ poco margine: che possono fare gli italiani per far funzionare le cose visto che non hanno il gene, cioe’ non sono tedeschi?!
    Alla fine dire “son tedeschi” mi sembra un alibi, visto che la Weltanschauung si puo’ cambiare.
    Vivo a monaco di baviera e scene come quella del tram le vedo quotidianamente, ma non dipendono dal gene tedesco, credo invece che dipendano dal controllo sociale, una cosa che in italia sarebbe una bestemmia.
    Le macchine si fermano perche’ E’ VIETATO attraversare lo spazio fra tram e marciapiede quando il tram e’ alla fermata. Il divieto implica che se qualcuno sgarra ci sono almeno 10 persone che prendono il numero di targa e lo riferiscono alla polizia e sempre che la gente non blocchi l’autista facendogli un cazziatone.
    Questo atteggiamento fa inorridire anche i piu’ probi cittadini italiani che vengono in visita e che ritengono il controllo sociale una grave ingerenza nella liberta’ individuale.
    In sostanza qui le cose funzionano (anche) perche’ nessuno si fa i fatti propri. Spaventoso eh?

  • andrea vanzetto |

    Viviana, è quello che provo anch’io, ma mi sono reso conto che certe cose in italia (la minuscola è voluta) non è che vengano copiate male: semplicemente non c’è la “cultura” o, per dirla alla tedesca, la “weltanschauung” giusta. Insomma certe cose lì funzionano perché… sono tedeschi.
    Piccolo esempio: Berlino, tram al centro delle carreggiata, fermata con pensilina sul marciapiedi. Il tram ferma, inserisce le doppie frecce: auto e moto si fermano a rispettosa distanza, i passeggeri salgono/scendono tranquillamente dal marciapiedi… Il tram spenge le frecce, riparte e solo allora auto e moto ripartono. Sono rimasto a bocca aperta… e la prima cosa che ho pensato è che da noi una cosa del genere non è possibile. Le ragioni sono facilmente intuibili… 🙁
    Spero di aver reso l’idea…

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