Da ieri il Deutsches Historisches Museum di Berlino ospita una grande mostra su Adolf Hitler, la prima del suo genere in Germania. Giustamente, molti commentatori vi hanno visto l'ennesimo segnale di come i tedeschi guardino con più distacco alla loro storia. Meno nota e più curiosa è un'altra iniziativa, questa volta di Norimberga.
Uno dei pochi edifici rimasti in piedi era il palazzo di giustizia, costruito all’inizio del secolo in stile guglielmino. Fu scelto quindi per il processo a Rudolf Hess, Hermann Göring e altri 22 gerarchi nazisti. La sala è tuttora utilizzata per udienze e dibattiti, rimasta da allora pressoché immutata. Così la descrisse ai tempi il diplomatico inglese Harold Nicolson: “Il colore dell’aula del tribunale è marrone scuro, ravvivato dalle pesanti cornici di marmo verde delle varie porte. La stanza è illuminata da lampade a feritoia sul soffitto (…) Il dibattito si svolge quasi in un bisbiglio (…) Gli imputati hanno l’aria trasandata, malata, depressa. Sembra gente che ha viaggiato per tre notti successive in uno scompartimento di terza classe”. La scelta di indire un processo contro i principali responsabili nazisti fu oggetto di negoziati tra gli alleati. “In Unione Sovietica non si manda nessuno sul patibolo senza un regolare processo”, disse Stalin a Yalta nel febbraio 1945. Più realisticamente, qualche mese dopo, il rappresentante del dittatore a Norimberga, Andrei Vishinski, esortò giudici e avvocati: “Bevo al vostro dovere: impiccateli tutti!” (la citazione è dell'avvocato inglese Anthony Freire Marreco, presente al processo e intervistato da Maurizio Serra nel libro Dopo la caduta). Agli occhi del sindaco di Norimberga poco importa. Maly sostiene che il dibattimento, così criticato da chi avrebbe preferito vedere i tedeschi giudicare i tedeschi, è stato un passaggio cruciale nella storia del diritto: avrebbe portato mezzo secolo dopo alla nascita della Corte penale internazionale all’Aja. Non solo fu deciso per la prima volta di organizzare un processo che avrebbe distinto i crimini collettivi da quelli personali e punito la guerra d’aggressione. Il tentativo fu anche quello di basare (per quanto possibile) il giudizio delle potenze vincitrici sulla legge, non sul desiderio della vendetta. L’iniziativa di Maly è di lunga lena – deve passare al vaglio dei governi bavarese e federale – ma ha già suscitato reazioni contrastanti. Molti si chiedono se sia lecito rovesciare le prospettive a tal punto da trasformare in patrimonio dell'Umanità il luogo in cui si svolse l'epilogo di una guerra cruente. E se fosse solo una scelta innocua, tutt'al più pubblicitaria?
PS: C'è un bel film del 1961 sul processo di Norimberga. Si intitola Judgement at Nuremberg. Tra i protagonisti, Spencer Tracy, Burt Lancaster, Marlene Dietrich e Montgomery Clift. L'ho rivisto questa estate e lo consiglio a chi è interessato all'argomento. Rende bene i dubbi e le angosce dei tedeschi e degli alleati. (Nella foto, la sala delle udienze n° 600 come si presenta oggi).