Tornando in Germania dopo un periodo di vacanza mi sono fermato nella regione di Verdun, la cittadina francese al centro dei cruenti combattimenti franco-tedeschi durante la Grande Guerra. Anziché visitare i numerosi cimiteri della zona, passeggiare in una campagna dove le trincee sono ancora chiaramente visibili o ammirare l’enorme città sotterranea ricavata nel sottosuolo di Verdun, ho deciso di recarmi al Fort de Douaumont, sulla riva destra della Mosa. L’avamposto militare fu costruito in più stadi tra il 1885 e il 1913. Ai tempi era una delle difese francesi più vicine alla frontiera con il Reich tedesco, che dopo il conflitto del 1870 aveva occupato l’Alsazia e una parte della Lorena. La fortezza, protetta da muri di oltre sei metri di spessore, occupa alcuni ettari. Poteva dare alloggio a circa 600 soldati, ma durante la guerra fu occupata in alcuni momenti anche da 3.000-3.300 militari in un ambiente sovrappopolato, sporco e insalubre. Nel febbraio 1916, i tedeschi lo strapparono al nemico; solo alla fine di quell’anno le truppe coloniali francesi riuscirono a riprenderne il possesso. Migliaia di soldati pagarono con la vita la difficilissima operazione militare. L’avamposto, costruito su una collina a quasi 400 metri di altezza, si sviluppa su più livelli, anche sottoterra, attraverso un dedalo di lunghe gallerie.
Dall'esterno il forte sembra poco più di un rudere. Ma all'interno l’ambiente è rimasto praticamente inalterato: semplicemente per mancanza di fondi o nel tentativo – riuscito peraltro – di dare un piccolo assaggio di come doveva essere la terribile vita quotidiana dei soldati in un luogo stretto, umido e malsano? In realtà, poco importa: il visitatore non rimane indifferente. Nel percorrere i lunghi corridoi scopre volta per volta le camerate (nella foto), la cappella, le latrine, i serbatoi di acqua potabile, il deposito delle munizioni, la torretta nella quale è ancora oggi incastonato un enorme cannone, ai tempi tecnicamente all’avanguardia. Non mancano neppure i forni della panetteria interna. Le gallerie sono terribilmente fredde; dai soffitti ricoperti qua e là di muschio verde cadono gocce di umidità. Nell'inquietante penombra – le feritoie fanno filtrare una luce molto debole anche a mezzogiorno – nessuno si azzarda a entrare in alcune delle sale troppo lontane dal percorso principale segnalato dai cartelli in francese, inglese e tedesco. Nell’impossibilità di uscire dalla fortezza, quando era sotto assedio, i soldati seppellevano i compagni uccisi come potevano, sovente in fosse comuni ricavate all’interno dell’avamposto, direttamente nelle spesse mura della fortezza, come testimoniano alcune targhe. Oggi, a quasi un secolo di distanza e mentre l'Unione Europea attraversa una brutta crisi politica ed economica, il Fort de Douaumont mi è sembrato un drammatico ammonimento contro gli effetti nefasti del nazionalismo, più efficace di molti musei o discorsi.