La Germania ha un’anima (e con…) 03/06/10

FRANCOFORTE – Freddi e insensibili, calcolatori e indifferenti. Se si dovesse fare un sondaggio a livello mondiale sulla popolarità dei tedeschi, i risultati sarebbero probabilmente disastrosi. Come cambiano le prospettive: nel novembre scorso, l'Europa guardava alla Germania celebrando con emozione (e molta retorica) i vent'anni dalla caduta del Muro di Berlino e l'unificazione del paese. Oggi, a sette mesi di distanza, il continente s'interroga su un paese che appare ai più arrogante, polemico, irragionevole.

Com'è possibile, si chiedono in molti, che gli stessi tedeschi che oggi si entusiasmano per la vittoria di una cantante diciannovenne in un concorso musicale possano al tempo stesso ostacolare fino all'ultimo secondo il salvataggio di una Grecia che potrebbe trascinare nel baratro l'intera Europa? Com'è possibile che la stessa Germania sia capace di emozionarsi per una partita di calcio, rendendo merito ai vincitori con insolito fair play, e nel contempo introdurre nuovi divieti finanziari, sprezzante degli interessi europei?
Dice un proverbio tedesco: «Essere folli di tanto in tanto è un'arte». Troppo spesso i tedeschi sono ritenuti quadrati e razionali. In realtà sono anche sentimental, come direbbero gli inglesi. Non sentimentali, che in italiano ha una connotazione ironica e forse anche spregiativa, ma piuttosto emotivi. Sono capaci d'indignarsi e d'entusiasmarsi, con la stessa energia o quasi. Helmut Schmidt, dall'alto dei suoi 90 anni, è convinto che «i tedeschi siano più sensibili alle emozioni» di altri popoli.
Da qualche giorno ormai la stampa dedica pagine e foto a Lena Meyer-Landrut, una giovane cantante tedesca che nel fine settimana a Oslo ha vinto il concorso dell'Eurovisione con la canzone Satellite. La ragazza ha 19 anni, un viso grazioso e un sorriso accattivante. Quando è tornata nella sua città natale di Hannover è stata accolta da 40mila persone festanti, agghindate con i colori nazionali. Un nuovo esempio di calore tedesco, dopo lo straordinario tifo bavarese durante la recente partita Inter-Bayern, persa con stile dai tedeschi.
Reazioni e commenti sono stati fuori misura. «Normalmente riserviamo questo tipo d'accoglienza ai presidenti. Credo che però Lena se lo sia meritato», ha detto con sconcertante candore il premier della Bassa Sassonia Christian Wulff. Senza dimenticare il suo ruolo di "bibbia del mattino" di molti intellettuali tedeschi, anche la Frankfurter Allgemeine Zeitung è caduta nella trappola dell'emotività: ha spiegato che il successo di Lena dimostra che in Europa non c'è solo la moneta unica ma anche una lunga e comune tradizione «umanistica e artistica».
Anche l'ormai ex presidente della Repubblica Horst Köhler è rimasto vittima delle sue emozioni, ostaggio dei suoi sentimenti. Questa settimana si è clamorosamente dimesso, dopo che alcuni suoi commenti sul ruolo della Bundeswehr nella difesa degli interessi economici tedeschi avevano suscitato critiche. In poche ore l'uomo politico ha gettato la spugna: con le lacrime agli occhi, ha abbandonato la più alta carica dello stato, rimproverando ai suoi detrattori una "mancanza di rispetto", quasi un'accusa di altri tempi.
Al di là del carattere personale, il gesto riflette una passionalità tutta tedesca. Certo, forse l'uomo ha dimostrato di non avere "la pelle dura" – «un regalo di Dio», secondo Konrad Adenauer. Ma ha anche confermato che la Germania è un paese nel quale critiche e complimenti hanno ancora un senso, e dove il cinismo o l'indifferenza sono sentimenti meno presenti che in altri paesi. In una Germania che non esita a punire gli errori degli uomini politici, una netta maggioranza dei tedeschi si è detta sinceramente dispiaciuta per la sua scelta.
Le emozioni possono giocare brutti scherzi: riscaldare il cuore ed entusiasmare gli animi, ma anche spingere alle dimissioni e magari anche indurre alle offese. Qualche settimana fa un gruppo di deputati del Bundestag ha suggerito ai greci di vendere alcune isole nel Mediterraneo per risanare il bilancio. E Bild ha esortato il governo di Atene a vendere l'Acropoli: «Noi vi diamo la grana, voi ci date Corfù», ha sintetizzato il quotidiano. Dichiarazioni che dimostrano una buona dose d'insensibilità, ma anche paradossalmente molta emotività.
Agli occhi di molti in questo paese, la Grecia ha ingannato i suoi vicini, tradito i suoi partner, mentito sullo stato dell'economia e truccato i conti pubblici. Il tradimento è per certi versi doppio per una Germania che si sente storicamente legata alla cultura greca. Il primo re del Regno di Grecia, dopo l'indipendenza dagli Ottomani, non era forse un aristocratico bavarese, Friedrich Ludwig von Wittelsbach? E Martin Heidegger non era forse convinto che la filosofia non potesse svilupparsi che in greco e in tedesco?
Nello stesso modo in cui la vecchiaia fa emergere con particolare lucidità qualità e difetti di una persona, la crisi ha chiarito all'improvviso l'essenza del popolo tedesco, capace al tempo stesso di appassionarsi per una giovane cantante e di prendere decisioni impulsive, indifferenti alle proprie responsabilità europee. La scelta di vietare dall'oggi al domani le vendite allo scoperto ha probabilmente biechi motivi populistici, ma è anche il segnale di un paese che guarda con angoscia al futuro e teme più di altri l'incredibile volatilità delle borse.
Troppo spesso si fa risalire la cultura della stabilità alla paura dell'iperinflazione degli anni 20. Quel periodo è rimasto nella memoria tedesca, e ha influenzato non poco le posizioni dell'establishment: contrario ad acquistare titoli obbligazionari via la Banca centrale europea o ad immaginare nuove obbligazioni comunitarie, nonostante proprio queste scelte abbiano probabilmente contribuito all'indebolimento dell'euro sui mercati. Dietro l'apparente testardaggine, tuttavia, si nasconde anche un popolo che vuole per quanto possibile conoscere e preparare il futuro.
Ha detto Erich Kästner, l'autore di Emilio e i detective: «I tedeschi non credono a ciò che vedono, ma all'orario dei treni». Amano l'ordine, rifuggono le sorprese. In questo senso, la cultura della stabilità non è solo un mantra economico; è anche il riflesso di uno stile di vita in un paese dove c'è una polizza d'assicurazione per coprirsi dai rischi di una causa giudiziaria o della cancellazione di un viaggio aereo. Si capisce meglio a questo punto quanto l'Angst per il futuro pesi nel comportamento della Germania.
Definire i tedeschi solo freddi e insensibili sarebbe far loro un torto. Le stesse recenti manifestazioni di arroganza segnalano l'ipersensibilità alle emozioni notata da Schmidt. Chissà se in questa ottica le offese alla Grecia diventino più accettabili. Certo, ciò non significa che questo paese non stia pericolosamente flirtando con il sentimento dell'autosufficienza. Secondo l'ex ministro degli Esteri Joschka Fischer, troppi politici tedeschi oggi «non investono in Europa; si limitano a consumarla». Come dire che il fenomeno Lena va bene, ma non può prendere il sopravvento.

B.R.